Venezia: se i caprioli brucano a S. Samuele
Dal Monte Stella, per ritrovare gli alberi che sostengono Venezia
I caprioli, tutt’uno con i tronchi che li hanno generati, in salizada San Samuele. In basso Pier Paolo Zanussi
VENEZIA. Qualche giorno fa, verso l'imbrunire, quando la luna era ancora un cerchio bianco disegnato su un foglio azzurro, girava voce della presenza di un gruppo di caprioli a Venezia. Pareva si aggirassero tra le calli, nei pressi di Campo Santo Stefano, liberi. L'afa rendeva ogni movimento impossibile, ma la curiosità non concedeva nessuna tregua. Si diceva che fossero giunti a Venezia dalle montagne, precisamente da quelle foreste dove un tempo i nostri antenati andavano a tagliare alberi su alberi, per poi lasciarli scendere in pianura lungo i fiumi. Una volta giunti a riva, in quantità inimmaginabili, quei tronchi bagnati e ancora odoranti di bosco, stremati dalla discesa e dal dislivello, venivano lavorati e piantati nella laguna per costruire le fondamenta della città. Insomma, i caprioli venivano proprio da quei monti e avevano deciso di ritornare a valle, accompagnati da due signori che sapevano avvicinarli. Le voci li avvistavano vicino a San Samuele, in Calle delle Botteghe, nell'area un tempo occupata dai calzolai le cui tracce rimangono ancora oggi nel bassorilievo raffigurante una scarpa con fiocco, nella colonna bianca di fronte all'Ostaria Al Bacareto.
Mi avviai nella speranza di trovarli ancora lì e, non appena voltato l'angolo, finalmente li vidi: un gruppo di caprioli, sparsi qua e là, mi stavano fissando. Erano un gruppo di dieci, di varie dimensioni, ognuno con un'espressione propria e una personale postura. Se ne stavano in piedi, ritti sulle zampe, quasi impiantati sui masegni, con il muso scavato e un'aria ambivalente, tra lo smarrito e il divertito. Credo che, a parte Pinocchio, siano probabilmente gli unici caprioli di legno ad aver ricevuto il dono della vita. Non si tratta di magia, ma di una loro peculiare caratteristica, almeno questo è quanto dicono i vecchi delle montagne, i pochi che custodiscono le storie dei boschi. Secondo loro i caprioli sono come Caronte, creature che accompagnano le anime dei morti nell'al di là. E' anche per questo forse che, a mano a mano che cala la notte, la luce della luna li rende ancora più misteriosi e sfuggenti, come quando, con un po' di fortuna, appaiono sul ciglio della strada, colpiti dai fari della macchina che fanno luccicare i loro occhi.
E' un giorno come tutti gli altri, ma Pier Paolo e suo padre, Toni, questa mattina hanno deciso di portare i caprioli a Venezia, un po' perché vogliono mostrare la città a questo bizzarro branco e un po' perché sentono il richiamo della foresta che giace sotto i nostri piedi. I due, padre e figlio, vengono dal Monte Stella, una montagna delle Prealpi sui 700 metri del comune di Tarcento, provincia di Udine, dove hanno un atelier lontano da tutto e da tutti. E' proprio lassù che Pier Paolo, classe 1976, ha iniziato a costruire i caprioli, utilizzando resti di alberi di corniolo, ciliegio, faggio e acacia (in friulano, come dicono loro, alberi di quargnol, cjaries, faiar e ag). «Quando la luna è piena non si tagliano gli alberi - racconta l'uomo dei caprioli - perché, proprio come le maree, la linfa dalle radici risale verso l'alto e il legno è troppo morbido». Insomma, quel giorno il padre Zanussi chiama Riccardo Terranova, giovane sindacalista veneziano, con il quale ha mantenuto nel corso degli anni una grande amicizia, fin dai tempi in cui lavoravano in banca insieme. Si mettono d'accordo per rivedersi e Riccardo decide di andarli a prendere in barca, aiutandoli a trasportare gli animali che si fanno comunque fotografare come i turisti in gondola. Sembrano contenti di tornare a Venezia e anche di rimanere liberi per i campi. La gente non rimane indifferente, c'è chi passa e chi li osserva, alcuni li accarezzano, altri si avvicinano, dei bambini dicono addirittura di sentire il loro cuore battere. Mentre i caprioli pascolano, i tre amici vanno al bar.
Toni ha cambiato 18 lavori nel corso della sua vita e l'ultimo è stato quello di bancario. Nonostante si sia dedicato alla pittura, si ricorda bene le questioni finanziarie tanto che interviene nella conversazione dei suoi vicini di caffè che stanno discutendo. Alla fine, tra un punto di vista e l'altro, i veneziani chiedono a Toni e a Pier Paolo come mai sono di passaggio a Venezia. I due gli spiegano che non sono da soli, ma con i caprioli, fatti dello stesso legno su cui i veneziani ogni giorno da secoli camminano. «Devi venire a vedere le travi dell'Osteria di Emilio», gli dice l'uomo conosciuto al bancone «lui ha del legno da mostrarti». Così, recuperato il branco, il gruppo si reca da Emilio De Giulio, nato come artigiano, ma attualmente proprietario del locale Al Bacareto, con il soffitto interamente rivestito di travi a vista. «Guardate bene - dice il veneziano - ogni trave ha dei segni scalfiti in orizzontale o verticale. E' il marchio di riconoscimento che le famiglie veneziane facevano incidere sui tronchi per riconoscere quelli di loro proprietà, una volta giunti a valle». Ci si ritrova quindi con il legno sottoterra delle fondamenta, con quello ad altezza d'uomo dei caprioli e con il legno sopra le teste delle travi che ricoprono gran parte delle case veneziane. «Tagliare il legno richiede una conoscenza del bosco. Devi sapere - prosegue Pier Paolo - che legno raccogliere e quando tagliarlo in modo da riuscirne a conservare perfino l'odore». I caprioli, da oggetti di land art, si trasformano improvvisamente in protagonisti di street art mentre interagiscono con le persone che si fermano. L'esordio come artista nasce in realtà con i documentari quando Pier Paolo vince il Premio Giornalistico televisivo Ilaria Alpi con il reportage «Sarajevo 1992-2002. Poesie di Pace. Gli addii di Izet Sarajlic». Da allora riceve numerosi riconoscimenti, ma lui decide di rimanere sulla sua montagna, dove nel silenzio di una casa ristrutturata, può rimanere a contatto con la natura e continuare a realizzare caprioli, animali che lo colpiscono per la loro delicatezza e per i loro occhi. I caprioli di Pier Paolo sono sparsi tra i parchi di Parigi e il Parco Scientifico di Udine, ma sono animali che non amano rimanere fermi in un posto e, con un po' di fortuna, si possono incontrare ancora (pierpaolozanussi@yahoo.it e + 39 339 4184942). Alcuni rimarranno in adozione nella Galleria La Salizada, vicino all'Osteria Al Bacareto, dove sono custodite le immagini dell'Archivio dei Fratelli Alinari. Qui, tra il via vai di tacchi che risuonano ancora nelle calli, si può anche sentire il rumore di uno scricchiolio. E' il legno di Venezia che i caprioli portano con sé dal mondo di sotto a quello di sopra.
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