Venezia pigliatutto con la riforma dei Porti

Proposta del ministro Lupi: otto autorità per tutti gli scali italiani. Costa guiderebbe quella dell’Alto Adriatico inglobando anche Ravenna e Trieste. Si lamenta la friulana Serracchiani
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 28.06.2013.- Inaugurazione Anno Portuale. Paolo Costa
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 28.06.2013.- Inaugurazione Anno Portuale. Paolo Costa

VENEZIA. Venezia “pigliatutto” nell’Alto Adriatico con l’accorpamento delle Autorità portuali previsto dalla riforma del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che vuole portare al più presto in Parlamento. È ciò che probabilmente spera il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa e che teme invece il vicino scalo di Trieste anche se a lamentarsi non è il presidente del Porto giuliano Marina Monasi (che si muove in sintonia con Costa e con Lupi), ma piuttosto il presidente della Regione Friuli Debora Serracchiani e altri parlamentari come il senatore del Pd Lodovico Sonego, membro della Commissione Trasporti di Palazzo Madama.

La riforma Lupi - anche in nome della spending review - propone di ridurre da 24 a 8 le Autorità portuali italiane, creando delle Autorità di macroarea che dovernerebbero su tutti i porti di quella zona. Per la zona che interesse Venezia e Trieste, e probabilmente anche Ravenna, si creerebbe appunto un’Autorità dell’Alto Adriatico che governerebbe su entrambi gli scali, venendo sciolte le Autorità portuali attuali. E Costa, d’intesa con Monasi, si è già mosso scrivendo al presidente di Assoporti - l’associazione che riunisce tutte le Autorità portuali italiane - chiedendo che vengano fornite al ministro Lupi già delle proposte di revisioni di accorpamenti, già formulate in bozza. Un altro incontro in Assoporti è previsto nei primissimi giorni.

A sentire puzza di bruciato sono appunto i triestini. Il presidente della Regione Friuli, Debora Serracchiani, si è già fatta sentire: «In quest’opera di riforma si deve però tenere conto delle specifiche caratteristiche degli scali, dai fondali ai collegamenti ai bacini commerciali di servizio. E non credo siano auspicabili fughe in avanti da parte di nessuno». Ancora più esplicito il senatore Sonego per cui il proposito perseguito dal Ministero, nel caso dell’Alto Adriatico, «vuol dire Autorità portuale unica a Venezia con poteri di decidere la politica di trasporti, logistica, infrastrutture, urbanistica, trasporto pubblico locale e gestione del demanio marittimo dell’intero distretto che includerebbe anche il Friuli Venezia Giulia».

La delimitazione dei distretti logistici e l’identificazione dei porti inclusi nel distretto, recita la bozza Lupi, «saranno effettuate sulla base di precisi criteri che sono», tra gli altri, «l’appartenenza alle reti TenT», la rete transeuroupea dei trasporti.

E Costa ha appena scritto: «Nessuno dei porti italiani è oggi nelle condizioni di contendere i traffici mondiali da e per l’Europa ai porti del Mare del Nord. Da questa condizione di minorità si può uscire solo riordinando i porti in pochi sistemi multiportuali, sfruttando l’occasione della nuova strategia di costruzione della rete trans-europea dei trasportiu, TenT, entro il 2030». Sembrano le parole del ministro. E Costa insiste sulla «necessità funzionale “transfontaliera” di vedere i porti italiani di Ravenna, Venezia e Trieste operare in regime di coopetition (cooperazione e competizione) con il porto sloveno di Koper e quello croato di Rijeka». Un progetto a cui Venezia porterebbe in dote anche il «progetto di porto integrato offshore-onshore in corso di avanzato sviluppo». Per questo si candida a guidare tutto il sistema portuale dell’Alto Adriatico, con buona pace di Trieste e Ravenna.

La riforma dei porti del ministro Lupi individua «un’Autorità portuale e logistica di interesse strategico nei seguenti distretti: Alto Tirreno, Medio Tirreno, Basso Tirreno, Alto Adriatico, Medio Adriatico, Basso Adriatico-Jonio, Sicilia, Sardegna, che comprendono i nodi europei della rete Ten-T». Non è stato ancora stabilito quali porti faranno parte dell’uno o dell’altro Distretto, ed è qui che si sta accendendo la competizione. Le nuove Autorithy governeranno sia le risorse umane sia le risorse strumentali di tutti i porti che ne faranno parte e amministreranno anche, in via esclusiva, le aree e i beni del demanio marittimo nel distretto di competenza. Le Autorità potranno, inoltre, acquisire partecipazioni «in società operanti anche all’estero nei settori di pertinenza». Scompariranno inoltre i Comitati portuali e nascerò invece un Consiglio Direttivo, che coadiuverà l’opera del presidente, nominato dal ministro delle Infrastrutture d’intesa con i presidenti delle Regioni interessate. Un presidente che avrà poteri ben più ampia di quelli di un attuale presidente di Autorità Portuale.

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