Venezia piange Girolamo Marcello il “patrizio veneto”
VENEZIA. Epigrafi e necrologi lo appellano come «patrizio veneto», «nobil homo», «conte», «dottor». Ma Girolamo Marcello del Majno, discendente di una famiglia di Dogi, morto a 85 anni all’ospedale dell’Angelo, non amava farsi chiamare così. Era un aristocratico, ma gli piaceva stare in mezzo alla gente, discutere dei problemi della sua città. Eppure la sua origine nobiliare non era un mistero. Basta guardare con attenzione la grande tela di Tintoretto in palazzo Ducale per vedere la somiglianza impressionante tra Girolamo e il suo antenato, il doge Alessandro. Carattere sanguigno, a volte scontroso. Lavorava nel turismo, Girolamo, proprietario di alberghi e ristoranti, con le tenute di famiglia. Ma detestava il turismo, soprattutto il «mordi e fuggi» che da qualche anno rendeva la sua amata città invivibile. Era un nobile di altri tempi, ma gli piaceva andare controcorrente. Per portare in giro tra i canali i turisti dei suoi alberghi aveva per primo dato lavoro a Alexandra Haig, la prima «gondoliera» bocciata all’esame. Le aveva messo a disposizione la storica gondola di famiglia, nel rio di San Luca sotto il suo palazzo, e la incoraggiava a resistere ai pregiudizi. Lei ricambiava con una grande stima per l’uomo.
Sposato con Lesa Alverà, Girolamo Marcello del Majno aveva tre figli: Alessandro, Michele e Angelica, e un gruppo di nipoti che adorava.
Marcello era stato protagonista lo scorso anno di una cerimonia commovente. L’incontro con il suo amico novantenne Milan Cohen. Si erano conosciuti durante la guerra a Fontanelle, nella tenuta dei Marcello. E Cohen aveva avuto salva la vita per merito del padre di Girolamo, Alessandro. Che per questo era stato insignito dell’onorificenza di «Giusto tra le Nazioni».
«Un giorno mio padre mi disse di portare una damigiana di vino ai tedeschi per festeggiare il mio compleanno», aveva raccontato commosso Girolamo in occasione del premio, «solo che non era il mio compleanno. Era uno stratagemma ideato da mio padre per far ubriacare i soldati in modo da permetterci di poter scaricare le armi che stavano per arrivare».
Socio dell’Ateneo Veneto, laureato in Economia, il conte aveva collezionato negli anni dipinti e libri preziosi, con una biblioteca di 30 mila volumi tra le più importanti della città. Fondatore e socio per molti anni dei Comitati privati per Venezia, Save Venice e Venice International Foundation.
Nel dicembre del Duemila, intervistato dalla Nuova, il conte Marcello forniva un affresco impietoso della sua città: «Il declino è evidente, e nessuno fa nulla», diceva allora. Invocando come «necessario» l’arrivo di un podestà. Le acque alte? «Già nel Settecento per non scavare troppo i canali la Serenissima scaricava i cannoni in Istria», diceva da grande esperto di laguna, «il punto è solo quello, bisogna riequilibrare la laguna con interventi giusti».
I funerali di Girolamo Marcello si terranno lunedì alle 11.30 nella chiesa di San Moisè.
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