Venezia. Nove chiese mense per i poveri

Da San Gallo a San Fantin a Santo Spirito: le strutture sono bisognose di restauro e manutenzione e spesso chiuse. La decisione del patriarca Francesco Moraglia. Don Dino Pistolato: "Queste strutture vengano usate per scopi caritatevoli". Il progetto potrebbe realizzarsi già prima di Natale, è in corso un confronto con il Comune di Venezia

VENEZIA. Il patriarca Francesco Moraglia scuote la Chiesa di Venezia sulla destinazione d’uso degli edifici religiosi della diocesi lagunare: «Troppi e troppo vuoti».

Sulla questione operativa interviene monsignor Dino Pistolato, vicario episcopale per i servizi generali e gli affari economici, moderatore della Curia e direttore dell’Ufficio amministrativo: «Attualmente sono nove le chiese di Venezia, non aperte al culto, immediatamente fruibili, che potrebbero essere utilizzate a scopi caritativi. Si è pensato di destinare questi storici edifici religiosi, che non sono parrocchie ma rettorie, quali centri di ascolto, mense, sede diocesana Caritas, luoghi di lettura o d’incontri, momenti di dibattito o mostre per aiutare i poveri o sensibilizzare le persone sulla tematica della povertà. Questo progetto potrebbe realizzarsi già prima di Natale. Da tempo ne stiamo parlando con il Comune di Venezia».

Il sacerdote elenca solo alcune chiese che per prime potrebbero essere utilizzate a tali finalità. Ricadono nelle parrocchie della Bragora, dell’Unità pastorale San Cassiano e San Silvestro, di San Marcuola, di San Moisè, di San Luca, di Santo Stefano, dei Tolentini. «Ma ce ne sono altre, stiamo valutando caso per caso in uno spirito collaborativo tra sacerdoti», aggiunge subito monsignor Pistolato. Il prelato conclude: «Ci sono troppe chiese non utilizzate, alcune sono spoglie, altre posizionate in zone dove l’acqua alta arriva facilmente. Verificheremo, valuteremo insieme».

Attuali le tematiche affrontate dal Patriarca. Con alcuni punti fermi. «Lo spazio sacro di una chiesa – nata per il culto – deve rimanere riferito all’azione liturgica». «A tutti è garantito l’accesso gratuito alle chiese aperte al culto». «Sarà necessario individuare gli edifici che, effettivamente, non rispondono più ai bisogni pastorali ed è compito della Chiesa locale individuare soluzioni e proposte per rendere “utili” anche alla stessa collettività quei luoghi». Un problema, quest’ultimo, «anche a fronte di una innegabile flessione demografica, specie nel centro storico». Per il Patriarca, però, «il problema deve diventare opportunità, evitando derive e criteri consumistici».

Le sue parole, pronunciate durante il convegno «Chiese tra culto e cultura», tenuto presso il Museo diocesano di Venezia, organizzato dall’Ufficio beni culturali e del Servizio per l’edilizia di culto della Cei (Conferenza episcopale italiana), in collaborazione con il Patriarcato e con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la cultura, hanno colpito i numerosi responsabili ed esperti di diverse diocesi italiane. «Non solo nella nostra diocesi, ma anche in molte altre, il numero di luoghi di culto è superiore alle esigenze delle comunità liturgiche e la loro ricchezza, in termini di beni culturali, richiede competenze e contributi economici ben superiori a ciò di cui possono disporre le Chiese locali e lo Stato», ha sottolineato Moraglia. In sintesi il Patriarca ha evidenziato tre ambiti. Il primo pastorale.

Il presule ha affermato: «Le chiese sono nate e pensate per rendere culto a Dio». Il secondo culturale: «Sono plasmate di arte e bellezza che le rendono oggetto di attenzione e fruizione da parte di numerosi visitatori (a Venezia 25.000.000 ogni anno)». Il terzo caritativo, l’umanità in stato di bisogno. Le indicazioni che papa Francesco sta ripetendo dall’inizio del suo pontificato sono pressanti. La povertà cancella la vita. «Non cristiani da vetrina ma che si sporcano le mani». Così Roma e Venezia hanno lo stesso stile: sono a servizio delle marginalità per dare speranza, giustizia, solidarietà.

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