Venezia, nell’ex cinema diventato Despar. «Ben fatto». «No, è uno scempio»

VENEZIA. Da cinema a supermercato. Dai residenti piovono elogi, critiche, perplessità sull'apertura del supermercato Despar nello storico ex Cinema Italia a Cannaregio.
Dopo il taglio del nastro dell'amministratore delegato di Despar Nordest Marino Fineschi alla presenza del personale - 41 persone, 35 sono nuove assunzioni - i primi clienti si affrettano a curiosare e a fare la spesa al piano terra tra affreschi, stucchi, impianti a ridotto impatto ambientale. Fineschi, consapevole del broncio di numerosi residenti, dice: «Sappiamo che alcuni veneziani avrebbero preferito per il Teatro Italia una destinazione diversa. Crediamo però che, scegliendo la nostra azienda, la proprietà si sia assicurata un partner consapevole del privilegio e della responsabilità derivanti da questa eccezionale collocazione: avremo cura del Teatro Italia». In tanti ricordano quel luogo di aggregazione: era un cinema. Un veneziano doc rievoca: «E' un altro nostro ricordo che ci viene distrutto. Sono nato qui vicino alla Madonna dell'Orto, venivo con gli amici e le amiche, per il biglietto d'ingresso pagavamo 50 lire. Ma dove sono sparite le due statue di ferro che stavano all'entrata?».
Rosella Bagarotto, ex restauratrice in Soprintendenza, alla Despar, nota l'assenza delle due sculture poi dice: «Il restauro è bello però c'è una perdita culturale. A me piace fare la spesa al mercato di Rialto, c'è un rapporto diretto con il fruttivendolo e il macellaio». A Marco Pizzato, una laurea, un master in economia a Ca' Foscari, proprio non va giù che quel cinema, per un periodo anche sede universitaria, sia diventato un supermercato. L'analista finanziario abitava a Mestre, di recente ha acquistato casa a Cannaregio. «Non è consono», spiega, «il restauro snatura il palazzo; mi aspettavo qualcosa di culturale». A due passi il fruttivendolo Graziano Chiarato lamenta: «Potevano fare altro, un centro culturale. Tra un paio di mesi si potrà dire se abbiamo perso la clientela ma sarò in pensione».
Grida allo scandalo l'artista piemontese Paola Caramel, che abita a Venezia. «E' uno scempio, una vergogna. C'era bisogno di consumismo? C'era bisogno di cultura. Leggete il nome; hanno avuto il coraggio di chiamarlo Teatro Italia Despar».
Invece la signora Gabriella Rubis è soddisfatta: «Era ora; amo il biologico, adesso qui vicino ho due supermercati, cercherò i prodotti alla Despar e alla Coop. Poteva finire in decadimento, i bed and breakfast che crescono come funghi sono peggio».
«Mi piace», sottolinea Giuliano Vio, «posso capire le critiche ma è valido». Il supermercato è aperto sette giorni su sette dalle 8 alle 21 con un servizio di prenotazione per gastronomia, pane e pasticceria. Nei prossimi mesi dovrebbe essere attivato il servizio di consegna a domicilio. Il palazzo, gioiello del neogotico e del liberty d'inizio Novecento, in disuso da decenni, ha un'area di vendita di 580 metri quadrati e un piano superiore con una loggia: è in previsione una mostra sul recupero del complesso. L'Aspiag Service (la concessionaria Despar a Nordest) ha investito due milioni e mezzo di euro nel restauro e nell'allestimento, una somma analoga è stata investita dalla proprietà, la famiglia Coin.
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