Venezia, l’abbazia di San Gregorio alla Salute diventa Museo orientale

Verso il trasloco da Ca’ Pesaro, che andrà al Comune

«Avremo molto più spazio per esposizioni e archivio»

Vera Mantengoli

VENEZIA. Il prossimo anno il nuovo Museo di Arte Orientale inizierà a prendere forma. Lo ha annunciato ieri a Ca’ Pesaro il funzionario del Mibac, Massimo Osanna, confermando che il Ministero ha già stanziato otto milioni per trasformare l’abbazia di San Gregorio nella nuova sede che si trova accanto alla Salute, alla sinistra guardando l’omonima chiesa.

I lavori, tramite un bando di Invitalia da Gnosis Progetti di Napoli, partiranno a gennaio e, secondo il crono programma, dovrebbero ultimarsi nel giro di un paio di anni. La società si è aggiudicata l’appalto nel 2018 per l’offerta economicamente più vantaggiosa, come specificato nella Gazzetta Ufficiale.

«Grazie alla nuova sede avremo molto più spazio per le esposizioni e per i materiali d’archivio e lasceremo lo spazio di Ca’ Pesaro al Comune, che attualmente ha il Museo di Arte Moderna e Contemporanea», ha detto il direttore del Polo museale del Veneto, Daniele Ferrara.

Per i prossimi anni il Museo di Arte Orientale, tra i più importanti d’Italia, rimarrà al terzo piano dell’edificio del Longhena, per poi spostarsi nell’Abbazia di San Gregorio, fondata nel IX secolo, ricostruita nel 1.105 dopo un incendio e in parte nel 1.450, su volontà del vicario Girolamo Lando.

foto per lamantea
foto per lamantea

Dopo l’editto napoleonico fu utilizzata prima come luogo di lavorazione dell’oro e poi come magazzino. Dopo un restauro del 1960 fu adibita a laboratorio d’arte della Soprintendenza. Nei prossimi anni gli oltre 1000 metri quadrati, più del doppio degli attuali, ospiteranno sculture, dipinti, abiti, ceramiche, documenti, parte del prezioso patrimonio del Museo.

Il primo nucleo si deve al principe Enrico di Borbone che, tra il 1887 e il 1889, viaggiò in Oriente e fece spedire ben trentamila pezzi a Venezia a Palazzo Vendramin Calergi. In seguito le opere vennero poi acquistate dallo Stato, nel 1928, che inaugurò il primo Museo di Arte Orientale d’Italia a Ca’ Pesaro.

Il patrimonio si avvale di una parte dedicata al Giappone con pezzi appartenenti soprattutto al Periodo Edo, armature, strumenti musicali rari e statue lignee; una dedicata alla Cina con giade e porcellane e un prezioso rotolo dipinto; una dedicata all’Indonesia con tessuti batik, marionette e il teatro delle ombre.

Il Museo Orientale a San Gregorio andrà così a rafforzare il percorso “Chilometro dell’Arte” che dalle Gallerie dell’Accademia arriva alla Fondazione Pinault alla Dogana, passando tra le altre raccolte, per Palazzo Cini, la Collezione Guggenheim e la Fondazione Vedova.

La notizia del cambio di sede risale a maggio 2016 con l’annuncio del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, degli otto milioni. La somma proviene dal miliardo di euro previsto dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2014/2020 per il finanziamento del Piano turismo e cultura, con l’obiettivo di rafforzare l’offerta culturale del Paese e di potenziamento della fruizione turistica.

Da sei anni si attende l’inizio dei lavori, che porteranno anche dei cambiamenti a Ca’ Pesaro, nel Palazzo di Felicita Bevilacqua lasciato, come prevede il suo testamento al Comune, nel 1898 «a patto che diventi un luogo per la cultura artistica cittadina volto ad agevolare i giovani artisti ai quali è spesso interdetto l’ingresso nelle grandi mostre».

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