Venezia, la storia della terza colonna per la Piazza

Affondò nel 1172 nel trasporto a riva Tra storia e leggenda: colonna grande come le altre due e una figura maestosa con in testa un corno dogale
Le colonne di Marco e Todaro in piazza San Marco
Le colonne di Marco e Todaro in piazza San Marco

VENEZIA. La terza colonna di San Marco, secondo la tradizione, venne trasportata in barca dall’Oriente insieme con quella delle statue di San Teodoro e della chimera alata, intorno al 1172, qualche decennio dopo la fine della seconda Crociata come dono al doge Sebastiano Ziani, che tra l’altro raddoppiò l’estensione della piazza facendo interrare il canale Batario. Ma, in base a quanto si è tramandato per secoli, per il peso e una manovra maldestra nel trasportarla a riva, la terza colonna si inabissò nel Bacino di San Marco al momento dello sbarco. E lì sarebbe rimasta - fino a dimenticarsene - per l’impossibilità di recuperarla.

Se davvero dovesse trovarsi ancora adagiata sul fondo del Molo, dovrebbe pesare come le altre due di piazzetta San Marco, essere fatta di granito orientale e rosa e grigio e avere vicino a sé anche la statua di un altro simbolo di Venezia, Dopo il “Todaro” che schiaccia il coccodrillo e il leone alato, si parla di una figura maestosa con il corno dogale in capo. Che sarebbe, in realtà, un ufficiale dell’esercito bizantino con in testa il berretto grigio d’ordinanza che assomigliava, appunto, al corno del Doge. Siamo ai confini tra storia e leggenda, come si può capire, ma basata comunque su fonti documentarie.

Il problema del peso e del sollevamento riguardò del resto anche le altre due colonne che oggi ornano la Piazzetta. Che restarono a lungo in quella posizione sino a quando un ingegnere bergamasco, Niccolò Barattieri, riuscì a farle sollevare senza danneggiarle, utilizzando grosse corde bagnate fissate all’estremità delle colonne che, asciugandosi, esercitavano una forte trazione, consentendo di alzarle di pochi centimetri e infilarvi sotto delle zeppe di legno.

Barattieri ricevette l’incarico del sollevamento delle colonne perché si era prima distinto anche nell’invenzione di un sistema di carrucole funzionali all’edificazione della cella campanaria del Campanile di San Marco.

Che la terza colonna possa esistere davvero lo pensa anche un giornalista e e appassionato della storia di Venezia, delle sue leggende e dei suoi misteri - a cui ha già dedicato molti libri, l’ultimo, appena uscito è intitolato «Forse non tuttti sanno che a Venezia...» - come Alberto Toso Fei.

«Quella vicenda appartiene alla tradizione della città, è anzi una delle più antiche», ricorda Toso Fei, «e compare citata in tutte le fonti, a cominciare da quelle molto remote, successivo a quanto avvenuto nel 1172, al momento dello sbarco delle colonne. Sono convinto che si basi su un evento storicamente accaduto e non su una leggenda, perché quando una tradizione è così persistente e portata avanti nei secoli, contiene sempre un fondo di verità. Quello che non è possibile affermare con certezza è se la terza colonna fosse effettivamente uguale alle altre e avesse anch’essa alla sommità una statua simbolo di Venezia. Né è possibile individuare con precisione, sulla base delle trascrizioni scritte e tramandate, se quella colonna si sia inabissata nell’acqua effettivamente davanti al Molo o in un altro punto della laguna. Ma non mi stupirei affatto se fosse davvero così e se la colonna ci fosse, là sotto il fango». (e.t.)

 

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