Venezia, la preghiera a una voce del patriarca e della comunità ucraina: «Fermate la guerra: subito»

Moraglia: «Non dobbiamo più permettere che la violenza scriva la storia». Padre Jaroslav: «La bellezza, la dignità di essere uniti parlando lingue diverse. La forza di perdonare anche Putin»

Roberta De Rossi

VENEZIA. È tempestata di blu e di giallo la Basilica della Salute, per l’incontro di preghiera per la pace in Ucraina, che domenica ha riunito la comunità ucraina greco cattolica e la chiesa di Venezia.  La commozione è palpabile. Le parole trasudano tristezza, sgomento, ma invitano al perdono.

«Non dobbiamo permettere che la violenza scriva la storia, come è invece stato nel passato: preghiamo per perdonare e perché si rispetti il comandamento "Non uccidere”», ha detto il patriarca Francesco Moraglia, «la guerra è tornata e non ha risparmiato neppure i bambini.  La famiglia è sacra, la terra è sacra: preghiamo la Madonna per salvare questo mondo anche da sé stesso e perché porti il dono della pace».

«La comunità ucraina è a Venezia da 22 anni e oggi il nostro popolo ucraino sta vivendo una cosa...bella: perché ci insegna di perdonare, di essere degni, pacifici, l’accoglienza, ci insegna a  parlare le lingue diverse e ad essere uniti», scandisce con commozione le parole, padre Jaroslav Chaikivskyi, «L’ultima notte è stata terribile, ma poi ho visto il video di 200 uomini di un paese piccolo che la mattina sono usciti e, senza essere armati, hanno fermato i carri armati, che sono tornati indietro: li hanno fermati! Ho visto una piccola bambina, che dopo che hanno bombardato la sua casa, con la sua mamma per mano, con un sorriso ha detto: “Putin, guarda cosa hai fatto... ma noi dove possiamo dormire, spiegaci per favore?!”. Noi siamo qui per dare testimonianza di quello che sta succedendo nel nostro paese e nel mondo: una cosa bella, che ci dimostra la dignità dell’uomo».

«Oggi, nel Calendario Gregoriano, abbiamo la Domenica del perdono», ha proseguito padre Jaroslav, «c’è una liturgia in cui ci si inchina davanti al popolo per chiedere perdono nel nome di tutto il popolo ucraino: io chiedo il perdono e perdoniamo i nostri nemici che sono venuti nella nostra casa, Putin e l’aggressore».

Nel presentare l’incontro, il patriarca Moraglia era già intervenuto con un messaggio.

«La guerra in Ucraina ci tocca da vicino ed entra nella vita delle nostre comunità. Lo avvertiamo drammaticamente in queste ore attraverso il dolore, i pianti, le preoccupazioni e i lutti di tante persone, donne e uomini ucraini, che vivono e lavorano nei nostri territori», ha sottolineato il patriarca, «a loro e all’intera popolazione dell’Ucraina rivolgiamo un affettuoso pensiero ed assicuriamo la nostra vicinanza e preghiera a Dio Padre di tutti. La preghiera, per noi, rimane lo strumento più forte e “disarmante” che abbiamo a disposizione. Stiamo purtroppo vivendo giorni che avevamo intensamente sperato di non dover vivere. Quando si usano le armi e i metodi della violenza e della guerra, tutto, allora, diventa una possibile e terribile realtà, anche le cose più tragiche, come le morti di civili e militari. Per questo è fondamentale pregare, sperare e – chi può ed ha l’autorità per farlo – adoperarsi perché questo conflitto cessi al più presto e si ritorni ad usare il metodo del dialogo, del confronto, della diplomazia.

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