Venezia, la grandezza ritrovata nella tragedia

I funerali di Valeria Solesin sono diventati un incontro di civiltà e di culture che insieme hanno lanciato un messaggio di pace fortissimo
24/11/2015 Venezia, Funerali di Stato in Piazza San Marco di Valeria Solesin, la giovane uccisa nell'attentato al teatro Bataclan di Parigi - Imam di Venezia Hamad Al Mohamad
24/11/2015 Venezia, Funerali di Stato in Piazza San Marco di Valeria Solesin, la giovane uccisa nell'attentato al teatro Bataclan di Parigi - Imam di Venezia Hamad Al Mohamad

È il suo destino. Anche questa volta, anche dalla terribile tragedia di Valeria Solesin, anche dall’orrore del 13 novembre a Parigi con il suo carico di vite spezzate e di ombre drammatiche sul futuro, Venezia ricava energia per alzarsi in volo e staccarsi da tutto il resto. Come una fenice, non a caso uno dei suoi simboli, si scrolla di dosso le ceneri della follia umana e trasforma il commosso saluto alla sua figlia uccisa nelle stragi di Parigi in una straordinaria riscossa morale e civile, in una lezione multipla - l’hanno data i genitori, gli amici, i rappresentanti delle tre religioni e lo stesso sindaco Brugnaro - da consegnare alla Storia. Perchè ieri a Venezia, insieme allo strazio e alla tristezza per i morti del 13 novembre, non c’è stato solo un funerale di Stato, peraltro assai diverso dalle commemorazioni di rito cui il Paese si è abituato nel tempo.

C’è stato anche, e soprattutto, un incontro di civiltà e di culture che insieme hanno lanciato un messaggio di pace fortissimo, come soltanto in una città della grandezza di Venezia poteva accadere. Soltanto qui, terra di ponti e di incontri, poteva avvenire il miracolo dell’unità religiosa. Come in una specie di Onu delle fedi, ieri a Venezia cattolici, musulmani ed ebrei hanno parlato una sola stessa lingua per ripudiare il terrorismo e invocare la pace e la concordia tra i popoli. Certo, ciò è avvenuto sotto la spinta della potenza morale della famiglia Solesin, autentico monumento alla ragione per tutta Italia e per quanti usano unicamente l’inutile, per quanto sanguinario, linguaggio della violenza. Quando Alberto Solesin, padre della ricercatrice assassinata al Bataclan insieme a decine di altri ragazzi, incita i giovani a non arrendersi e a continuare a guardare al futuro , parla di pace di certo ma nello stesso tempo disarma i terroristi.

È come se dicesse che quella degli assassini che hanno agito sotto le insegne del fanatismo religioso è una vittoria di Pirro, perchè destinata a d essere sconfitta dalle stesse vittime che ha mietuto. Lo dimostra il tributo a Valeria, lo dimostrano gli impegni presi dagli amici e dalla politica che continueranno a farla vivere nei ricordi, ma anche nella voglia di pace e di vita espressa ieri e in tutti questi giorni. Il Patriarca, Francesco Moraglia con il suo anatema verso i terroristi («La vostra cultura ci fa inorridire, ma non non ci intimorisce»); i rappresentanti delle comunità islamiche e il rabbino di Venezia, in questo contesto reso facile dalla grande dignità dei Solesin, hanno perciò trovato la forza per dichiarare il fallimento dei criminali responsabili dei massacri di Parigi e di tutte le altre violenze nei cinque continenti. Lo hanno fatto a San Marco, nella piazza che si apre verso il mondo e che per questo da ieri è ancora più storica. Parigi e la Francia hanno sulle spalle il maggior peso dei morti per mano dell’odio, ma il destino ha affidato all’universalità di Venezia il compito di dare agli strateghi del terrore la migliore risposta possibile, senza armi e cinture esplosive, senza altri lutti e altre tragedie. Se questo messaggio lanciato ieri a Venezia resterà vivo nel tempo, la città e tutto il mondo civile riusciranno a rendere immortali Valeria e tutte le altre 129 vittime del 13 novembre a Parigi. Abituata al dialogo e all’accoglienza, come ha ricordato il sindaco Brugnaro, Venezia diventa un avamposto contro ogni intolleranza e contro ogni fanatismo. Come accade da sempre, come è accaduto nei secoli che l’hanno resa magnifica e potente.
Oggi è ancora triste, schiacciata dal dolore per la morte assurda e atroce di Valeria, ma sotto le cupole di San Marco ieri abbiamo visto nascere una sfida globale: quella dell’intelligenza contro la follia. E anche in questo caso, che ciò sia accaduto a Venezia non è affatto casuale. Perchè la città deve continuare a essere il “ponte del mondo”, oggi come non mai a rischio di autoannientamento.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia