Venezia, imprese all’attacco dei commissari del Mose: "Colpa loro se i lavori sono incagliati"

Dopo Chiarotto (Mantovani), il gruppo Fincosit (Mazza) contro Fiengo e Ossola

VENEZIA. Nuovo attacco frontale agli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova. Con un cronoprogramma che sembra studiato a tavolino, ecco un altro missile che arriva ai commissari Fiengo e Ossola - nominati dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone e dal prefetto di Roma nel 2014 - dalla società High Tide sra, del gruppo Grandi Lavori Fincosit. Azionista del Consorzio che dopo l’arresto del suo presidente - e vicepresidente del Consorzio - Alessandro Mazzi ha cambiato nome e dirigenti.

Una diffida formale: «La convenzione del 1991 non può essere modificata senza convocare il Consiglio direttivo», scrive l’amministratore unico della società romana Francesco Ortello. Richiesta molto simile a quella avanzata dall’altra «grande sorella», l’azionista di maggioranza Mantovani con il suo patron Romeo Chiarotto.

Ma le sette pagine della lettera, inviata anche all’Anac, al ministero, al provveditorato e alla commissaria Elisabetta Spitz, sono in realtà una denuncia mirata nei confronti dei due amministratori.

«E’ loro la responsabilità se il Mose è in ritardo e non ha salvato Venezia il 12novembre scorso» si legge nella lettera. Sempre ai commissari viene addossata la colpa dei «guasti tecnici» di un’opera che secondo la Fincosit «era già quasi conclusa». Con la richiesta esplicita al prefetto di Roma di rimuoverli. La giustificazione è che le persone sotto inchiesta «sono state tutte rimosse». In sostanza, dopo anni in cui i commissari - prima Luigi Magistro, poi Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola - hanno spulciato i bilanci per riportare la macchina del Consorzio alla legalità, adesso le parti si sono invertite. Sono le imprese a chiedere i danni e il ritorno allo status quo ante.

Fiengo e Ossola vengono accusati di «abuso di potere» e di «mala gestione», di «colpa grave». Addirittura di aver affidato la riparazione del jack-up, la grande nave costata 53 milioni di euro e mai varata, a ditte esterne . E di aver ritardato la posa delle paratoie, rendendo inutile la protezione antifouling. Infine, di aver messo a gara l’installazione degli impianti. Trascurando le capacità tecniche interne.

Accuse dello stesso tenore di quelle della lettera inviata dal Provveditore Cinzia Zincone. E nella richiesta di danni (per 197 milioni di euro) avanzata lo scorso anno dal Covela, il consorzio di imprese di Mantovani.

Cosa succede intorno al Mose? Di chi è davvero la colpa dei ritardi e dei gravi errori scoperti dopo l’inchiesta della Procura? Troppo semplice attribuirla tutta agli amministratori nominati dall’Anac di Cantone e dal prefetto di Roma all’indomani degli arresti per corruzione. Ma le imprese premono. Si ritengono danneggiate dalla nuova gestione. Hanno decine di ricorsi e cause pendenti in Tribunale. Il Mose potrebbe essere concluso il 31 dicembre 2021. Ma resta la grande partita della manutenzione (almeno 100 milioni l’anno) e i lavori per altri 800 milioni in laguna e all’Arsenale. Scontro di potere, con la proposta di nuova convenzione avanzata dall’ufficio veneziano del ministero delle Infrastrutture, retto dalla ministra pd Paola De Micheli. Che toglierebbe alle imprese i lavori della laguna, con un colpo di spugna sui debiti e i sovracosti per la manutenzione di lavori malfatti.

Una partita aperta. Sullo sfondo c’è il progetto di Agenzia per Venezia, a cui dovranno partecipare anche Regione e Comune oltre al ministero. «La città vuole essere coinvolta» dice il sindaco Luigi Brugnaro. Fino ad oggi il Mose è stato realizzato senza mai coinvolgere il Comune. Anzi, con il suo parere contrario. —




 

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