Venezia, il rio di San Barnaba: un "acquario" fenomeno da ricerca

Migliaia di piccoli cefali, vermi "alieni", aphanius fasciatus: si trovano solo nei 250 metri di questo canale dove l'acqua è più dolce. "Indagano" i biologi del museo di storia naturale
Migliaia di piccoli cefali nelle acque di San Barnaba
Migliaia di piccoli cefali nelle acque di San Barnaba

VENEZIA. Migliaia di cefali che smuovono l’acqua attirando la curiosità di chi passa; pesciolini striati dalla lunga coda rossastra che mangiano sotto riva, pronti a nuotare via veloci se ci si avvicina per guardarli; piccoli vermi "alieni" che costruiscono castelli di friabili tubicini di calcare bianco, ad incrostare gli scafi delle barche e le paline d’ormeggio.

Cefali, noni (o, più specificatamente, Aphanius fasciatus), mercierelle (nome scientifico, Ficopomatus enigmaticus), tutti insieme e in gran numero si trovano - a Venezia - unicamente nel rio di San Barnaba: 250 metri di “ecosistema” sé stante nel dedalo dei canali della città.

....i gabbiani approfittano del banchetto (foto interpress)
....i gabbiani approfittano del banchetto (foto interpress)

Come è possibile? «È un fenomeno che ci è stato segnalato da qualche tempo, che abbiamo accertato, ma che intendiamo approfondire», commenta Luca Mizzan, direttore del Museo di Storia Naturale, «quello che spiega la contemporanea presenza di queste tre specie marine è che l’acqua del rio di San Barnaba, fino all’incrocio con quello di Ognissanti, è dissalata, salmastra, più dolce che negli altri canali della città, dove mediamente si ha una presenza salina del 30 per mille: nel rio di san Barnaba è del 12-15 per mille».

Questo - spiega il biologo marino - richiama proprio qui pesci e anelidi che normalmente vivono nelle acque salmastre, come i rigati Alphanius fasciatus dalla coda talvolta rossa - conosciuti come “nono”, che si ritrovano anche negli acquari privati - i cefali e gli anelidi dalla probabile origine australe, ma così incerta da diventare parte del loro nome (Ficopomatus enigmaticus), che creano incrostazioni calcaree composte dai “tubicini” che producono loro stessi per farne nido.

Ma perché proprio a San Barnaba l’acqua è così dolce? «Questo è tutto da verificare», commenta ancora il biologo marino, Luca Mizzan, «perché potrebbe essere dovuto a un particolare ricambio d’acqua, ma anche a un tubo rotto dell’acquedotto, come pure a uno scarico fognario particolarmente abbondante». Tant’è in questo canale si sono determinate condizioni di vita per alcune specie marine che non ri ritrovano altrove in città, perlomeno nella quantità di organismi che smuovono le acque di San Barnaba, oggetto di studio degli esperti del Museo di storia Naturale.

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