Venezia, il mistero del palazzo venduto al doppio del suo valore

Singolari analogie tra l’immobile ex Grandi Stazioni al terminal Santa Lucia e la vicenda romana di via della Stamperia

VENEZIA. L’unità d’Italia è fatta anche di palazzi storici venduti al primo merlo che passa per strada, per un prezzo doppio di quello d’acquisto. Venezia e Roma non sono lontane 600 chilometri: il palazzone di via della Stamperia, vicino alla Fontana di Trevi, comprato a 26,5 milioni di euro dal senatore del Pdl Riccardo Conti e venduto per 44,5 milioni poche ore dopo all’Enpap, l’ente di previdenza degli psicologi italiani, con un surplus di 18 milioni di euro, ha un precedente nel palazzo delle Ferrovie di Venezia, che oggi ospita 600 dipendenti della Regione, comprato dalla giunta Galan nel 2007 per 70 milioni di euro dopo che era stato valutato 70 miliardi di lire, ovvero 35 milioni di euro, da dirigenti della stessa Regione nel 2001. Al netto del tempo passato e di lavori di ripristino, la plusvalenza è stimata in 24 milioni di euro: Venezia batte Roma 3-1.

A vendere entrambi i palazzi è la stessa persona, Massimo Caputi, il Fregoli dell’immobiliarismo italiano: a Venezia indossava la giacca di amministratore delegato di Grandi Stazioni, a Roma è il titolare di “Idea Fimit”, la società che gestisce il patrimonio immobiliare del fondo “Omega”, di cui fa parte il palazzo romano. Questo fondo è posseduto al 30% di Intesa San Paolo ma la banca si dissocia dall’accaduto. I vertici nulla sapevano. Chi invece vuol sapere qualcosa, può leggere la ricostruzione sul sito Liberosinfub.com, gestito da sindacati del personale del credito.

Stante che nel campo immobiliare i merli sono sempre quelli che comprano, mai quelli che vendono, nel caso di Roma bisogna credere che i merli siano passati dall’altra parte: Caputi sostiene di aver fatto «un affarone» vendendo a 24,5 milioni di euro. Dice che il prezzo supera del 52% quello di acquisto. Figurarsi il guadagno incamerato dal senatore Conti, che compra e rivende in poche ore: aveva un destino scritto nel cognome, evidentemente. Ma anche L’Enpap, l’ente che becca la stangata pagando 44,5 milioni più Iva, totale 52,8 milioni, è contento. E anche questo è un classico: a Venezia il 20 marzo 2007 alla firma del contratto con Grandi Stazioni, il presidente Galan parlò di «grande risultato per la Regione». La compravendita parte col piede sbagliato nel 2001, quando Caputi, che conosce personalmente Galan, avvia contatti. La Regione non si schioda dalla valutazione di 70 miliardi di lire che le Ferrovie avevano fatto cedendo gli immobili di Venezia, Bologna e Firenze, un pacchetto unico, a Grandi Stazioni (40% Benetton, Pirelli e Caltagirone). Glielo vanno a dire due dirigenti regionali, Umberto Bocus e Loris Costantini. Caputi non vende, preferisce accordarsi per l’affitto, ma paga lo stesso la prima tranche di consulenza a Gian Michele Gambato che gli ha agevolato la trattativa.

I due si conoscono perfettamente: Caputi è il titolare di Proger spa, la società di ingegneria dove Gambato era responsabile commerciale, prima di trasferirsi nel Veneto e diventare presidente di Sistemi Territoriali, società della Regione. La seconda tranche viene pagata a Gambato nel 2007 dal nuovo a.d. di Grandi Stazioni, Ennio Aliotti, quando il palazzo di Venezia viene acquistato dalla giunta Galan per 70 milioni di euro. Totale della provvigione a Gambato 1,6 milioni. Tre anni dopo, nel 2010, scoppia lo scandalo: la procura di Roma mette sotto inchiesta Gambato e gli ex amministratori di Grandi Stazioni per truffa, quella di Venezia per concussione. Procedimenti di cui non si sa più nulla. Ciliegina sulla torta: l’ultima delibera del Cipe si accolla i lavori in Fondamenta Santa Lucia. Non dovevano essere in capo a Grandi Stazioni?

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