Venezia, il marchio qualità dell’Aepe per il bar del maxi-conto ai turisti

VENEZIA. Il ristorante da 1.100 euro non è un abusivo. Anzi, espone il marchio del «Venice Quality food», la garanzia che l’Aepe, l’associazione dei Pubblici esercizi presieduta da Elio Dazzo, offre a tutela del consumatore. «Il Venice Quality food», spiega Pancin in una intervista nella pagina di apertura del sito Aepe, «è unanimemente riconosciuto quale certificazione dei ristoranti veneziani, dove l’arte della cucina rappresenta le tradizioni e la cultura della nostra città».
Parole che suonano stonate se messe vicino all’offerta del ristorante «da Luca», esercizio pubblico delle Mercerie del Capitello, a metà strada fra Rialto e San Marco, dove studenti giapponesi si sono visti richiedere 1.100 euro per una frittura e quattro fiorentine. Il marchio «Venice Quality food» compare sulla vetrina del locale, di proprietà di cinesi, accanto alla foto di una pasta con l’astice e della pubblicità di SecurItalia. Dall’altra parte della vetrina le foto di piatti precotti con i prezzi e i panini.
Un problema che non riguarda soltanto il ristorante finito adesso nel mirino di Nas, Guardia di Finanza e Asl. Da qualche anno la mancanza di regole ha permesso a piccoli bar di fare servizio di ristorante spesso nel plateatico sulla pubblica via. Con le iniziali proteste dei ristoratori e l’indifferenza delle istituzioni. Il proliferare di bar e ristoranti gestiti da cinesi – in buona parte iscritti all’Aepe – ha di fatto modificato la qualità dell’offerta. Il cibo veloce, spesso di qualità scadente, al posto della cucina tradizionale, delle ombre e cicheti che ormai si trovano solo nelle vecchie osterie.

Intanto Arrigo Cipriani, oste famoso in tutto il mondo e titolare dello storico Harry’s Bar, annuncia che uscirà dall’Aepe per protesta. «La mia non è una provocazione», dice, «entro 15 giorni mi toglierò dall'Aepe. Perché? L'associazione dovrebbe difendere quelli bravi e colpire quelli cattivi. Se emergono queste situazioni, il locale dovrebbe essere sanzionato e chiuso per tre giorni, se ricapita per una settimana e non aperto come adesso». Cipriani attacca anche il direttore-segretario dell’associazione Esercenti. «Pancin ha detto che prima di giudicare bisogna avere delle prove, ma mi sembra evidente. Se è ancora aperto, forse ha goduto di qualche appoggio. È vero che ormai abbiamo un turismo mordi e fuggi, ma se l'associazione avesse fatto qualcosa sarebbe stato anche un insegnamento di essere più professionale anche per i ristoratori». Cipriani attacca anche i prezzi esposti dal locale. «Per quanto riguarda questo modo di indicare i prezzi con i grammi, è solo qui in Italia che si fa così, è un modo per mostrare che si è onesti anche se magari non lo si è. All'estero non è così, ma questa modalità è peggiorata con questo turismo».
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