Venezia, Franceschini: "City tax contro il il mordi e fuggi"

 Il ministro: "Per Venezia e per affrontare il problema dei flussi turistici in aumento, legati soprattutto al “mordi e fuggi”, stiamo pensando all’introduzione di una city-tax che sostituisca l’attuale tassa di soggiorno"
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 13.10.2014.- Convegno Beni Culturali: Le eccellenze internazionali e la scommessa italiana. Palazzo Ducale. Da sx Paolo Baratta, Michail Piotrovskij, Gabriella Belli, Martin Roth, Gabriele Finaldi, Ministro Dario Franceschini
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 13.10.2014.- Convegno Beni Culturali: Le eccellenze internazionali e la scommessa italiana. Palazzo Ducale. Da sx Paolo Baratta, Michail Piotrovskij, Gabriella Belli, Martin Roth, Gabriele Finaldi, Ministro Dario Franceschini

VENEZIA. «Per Venezia e per affrontare il problema dei flussi turistici in aumento, legati soprattutto al “mordi e fuggi”, stiamo pensando all’introduzione di una city-tax che sostituisca l’attuale imposta di soggiorno e non si applichi solo, come oggi, ai clienti degli alberghi ma a tutti i turisti che la visitano».

È la soluzione per il problema-Venezia - che il commissario straordinario Vittorio Zappalorto ha già iniziato a discutere anche con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio - avanzata ieri dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, a margine del convegno internazionale «Beni culturali: le eccellenze internazionali e la scommessa italiana», organizzato a Palazzo Ducale dalla Fondazione Musei Civici, di cui è stato l’ospite d’onore.

«Personalmente non credo percorribile la strada del ticket d’ingresso o del numero chiuso a Venezia - ha detto ancora il ministro - ma certo qualcosa va fatto per arginare e controllare le presenze turistiche. Sulle modalità di questa city tax si può certamente discutere. Venezia deve vivere come città e contemporaneamente diventare meta di un turismo sostenibile. Penso che le potenzialità, come è chiaro, siano infinite, ma non abbiamo bisogno di un turismo mordi e fuggi, di gruppi che vengono presi e portati giù dalle navi a Piazzale Roma, condotti lungo lo stesso percorso a Rialto e San Marco, vedendo solo un pezzo del centro storico, e poi riportati a bordo senza aver consumato niente in città e lasciato ricchezza. Venezia ci indica, in questo senso, come non ripetere alcuni errori nel rapporto tra turismo e cultura, per essenziale».

Anche Gabriella Belli, direttore della Fondazione Musei Civici, nel suo intervento di apertura (dopo il saluto del presidente Walter Hartsarich), ha messo in evidenza come «la bellezza della città è la causa della sua fragilità e tra le cause vi è l’eccessivo numero dei visitatori». I musei italiani e quelli stranieri - ma soprattutto la loro gestione - sono stati al centro del convegno di ieri che ha visato tra i protagonisti, Michail Piotrovsky direttore del Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, Gabriele Finaldi, direttore aggiunto del Museo del Prado e Martin Roth, direttore del Victoria & Albert Museum, ma anche soprintendenti e rappresentanti di alcune delle più prestigiose istituzioni culturali a livello internazionale, chiamati ad affrontare un terreno sempre più strategico per lo sviluppo dei Paesi.

E se il sistema museale veneziano -almeno quello civico - fa la sua parte (con la Belli che ha annunciato tra l’altro il riallestimento del Correr, l’allargamento del museo vetrario di Murano e la creazione della sezione della laguna), e se la Biennale di Venezia (come ha ricordato il presidente Paolo Baratta) è un modello che funziona sempre meglio per le attività legate al contemporaneo, il confronto con «colossi» come Prado, Ermitage e Victoria & Albert resta impietoso per il sistema museale italiano, per la vitalità di queste realtà e anche per la capacità crescente di autofinanziarsi di queste raccolte, pur se il modello inglese prevede la gratuità degli ingressi museali rispetto a quelli per esposizioni. Per questo in particolare l’intervento del ministro Franceschini - tratteggiando anche i contenuti della sua riforma - ha puntato per il rilancio del sistema museale italiano, in un’altra direzione.

«Inutile paragonare il Louvre, che è dodici volte più grande, agli Uffizi. - ha sottolineato - L'Italia deve investire sull'unicità del museo diffuso, co i suoi quattromila musei legati al territorio, non inseguire modelli stranieri. E soprattutto rompere il tabù dell'alternatività tra tutela e valorizzazione e della separazione tra turismo e cultura e tra pubblico e privato. L’Art Bonus, che consentirà ai privati di detrarre fino al 65 per cento degli investimenti compiuti per il recupero del patrimonio pubblico, ma anche per gli stessi musei, può essere un volano fondamentale e ora aspetto al varco gli imprenditori italiani che dicevano di non poter investire sulla cultura perché non c’erano gli sgravi fiscali, pubblicheremo sul sito del Ministero l’elenco di tutti i beni da restaurare e anche quello degli imprenditori che vorranno impegnarsi in questa direzione».

Ma Franceschini - e poi, nel pomeriggio, nel suo intervento, il suo consigliere giuridico Lorenzo Casini -hanno tratteggiato l’identikit della riforma soprattutto per quanto riguarda l’autonomia che ad essi verrà data, in particolare ai 18 (tra cui le Gallerie dell’Accademia) di prima fascia. Sul nuovo ruolo delle sovrintendenze, è stato detto che «aver alleggerito i loro compiti di gestione museale non è stato un depotenziamento, ma al contrario un loro potenziamento, per poter svolgere meglio le attività di tutela e di studio. Abolire il livello intermedio porterà a ridefinire le linee di comando, riavvicinando uffici periferici e ufficio centrale. La difficoltà principale, su cui stiamo lavorando, è l'assenza di dati ed informazioni, a partire dal numero di persone impiegate nei diversi uffici».

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