Venezia, dalle brugole agli spritz: negozi di vicinato, addio

Costretto a chiudere il ferramenta di campiello San Rocco: «Non ce la facevamo più». Al suo posto un bar. La disperazione dei vicini

VENEZIA. Chiude il ferramenta di San Rocco. Nella città dei turisti e dei bar non c’è più posto per lui. E per i negozi di vicinato come il suo. Troppe spese, pochi clienti, sempre meno veneziani. Nessun aiuto. Così Michele Manassera, titolare dello storico negozio «De Luca» ha gettato la spugna. Sabato le serrande della bottega sono state chiuse per sempre. Da domani inizierà il trasloco e al posto del negozio, sul ponte di campiello San Rocco aprirà l’ennesimo bar.

«Siamo disperati», racconta commossa un’anziana che abita in campiello, «per noi quello era un negozio importante, un punto di riferimento. Adesso è sparito, come tanti altri negozi di vicinato. Questa città sta chiudendo, un pezzo alla volta». Manassera scuote la testa, disperato. «Non ce la facevamo più, io e mia sorella. Clienti pochi, nessuno qui ha più bisogno di un ferramenta. Abbiamo resistito un po’, poi abbiamo dovuto cedere». Negozio aperto nel 1960. Dove si potevano trovare vernici, colori, utensili, chiavi. Insomma, tutto quello che vende un ferramenta di qualità.

In città ormai quelli rimasti si contano sulle dita di una mano. Fazzini sfrattato da palazzo Donà – che il Comune ha venduto e trasformato in albergo – ma che ha riaperto poco più in là. Di Pol a Santa Margherita, Battistin in campo Santi Apostoli, la Beppa a San Francesco della Vigna, Trevissoi a San Marco, Lancerotti in calle larga Giacinto Gallina, Ratti. Stop. Aree popolari, dove abitano ancora veneziani. Campiello San Rocco è invece un crocevia frequentato da studenti e turisti. Tanti i negozi che lì hanno chiuso negli ultimi mesi, non ultimo il negozio di scarpe. Una perdita non solo commerciale.



Resiste il fiorista, a pochi metri da quello che era il Ferramenta De Luca. «Un grande dispiacere, è una perdita per tutto il quartiere», commentano sinceramente addolorate le due titolari del negozio di fuori, Roberta e Alessandra.

Michele Manassera aveva resistito anche quando pochi anni fa era stato sfrattato dai proprietari del fondo, destinato a diventare panificio. Si era trasferito poco più i là, nel nuovo negozio sul ponte, carico di speranze. «Ma la realtà è apparsa presto per quella che era», dice oggi Michele, «purtroppo per non peggiorare ci restava una sola scelta: chiudere. Adesso a 53 anni sto girando per la provincia presentando curriculum. Per cercare di trovare un altro lavoro».

Un altro episodio, l’ennesimo, di una città che perde i pezzi e si trasforma in qualcos’altro. Nell’area di Santa Margherita sono decine i bar che hanno aperto negli ultimi anni. Così come nelle altre aree della città ad alto passaggio turistico. Chiudono i negozi e le botteghe artigiane, a un ritmo sempre più rapido. Aprono – senza nemmeno bisogno di chiedere permessi – bar e rivendite di cibo. Qualcuno protesta, ma nessuno fa nulla. E l’onda non si ferma.

In Strada Nuova sono quasi conclusi i lavori di restauro per l’apertura di una nuova rivendita di pizza (Pizza slice, società di Milano) dov’era il panificio Paronuzzi e poi un negozio di camicie. Rivendita che sta tra una pasticceria e il panificio Rizzo. Aprirà anche al posto del negozio Tacchini un altro bar. Lavori quasi conclusi. Quella che era fino a pochi anni fa una strada commerciale di qualità con negozi di alimentari e botteghe artigiane, si è trasformata in una sorta di Chinatown, con negozi di borse, bar, negozi di caramelle giganti colorate. Poche le eccezioni di quelli che resistono, come lo storico negozio di tessuti Benevento.Trasformazioni che nessuno controlla. E grazie alla mancanza di regole non si ferma. Una serie infinita. La ferramenta De Luca è soltanto l’ultimo, ma sicuramente non l’ultimo, tassello.

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