"Venezia che muore, appoggiata sul mare", la profezia nella canzone cantata da Alloisio

VENEZIA. “Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti”. Il sentimento di una città è tutto dentro la canzone “Venezia”, uno dei pezzi più noti di Francesco Guccini, pubblicato nel 1981 in “Metropolis”.
A scriverla è stato Gian Piero Alloisio, 63 anni, cantautore e drammaturgo che per anni ha collaborato con Guccini, poi con Giorgio Gaber ed Enzo Iannacci. Guccini ha sempre detto che quel testo era di Alloisio, versione leggermente diversa rispetto a quello che l’amico aveva inciso nel 1979 con l’Assemblea Teatrale musicale, il suo gruppo di canzone e teatro popolare.
Siamo andati a cercare Alloisio per farci raccontare la nascita di questa canzone, oggi quasi profetica nel descrivere la Venezia, messa in ginocchio dall’acqua alta.
«Sembra profetica ma non lo è perché allora, era la fine degli anni Settanta, di questi temi si parlava già: c’è la grande Porto Marghera e c’era la città storica che stava diventando parco divertimenti; si spopolava di residenti e si riempiva di turisti. Poi è arrivata la grande opera e la manutenzione della città, che lentamente sprofonda, non si è più fatta. La mia era una critica poetica», dice Alloisio. Anche l’uso della parola fatalità, dice Alloisio, era la conseguenza «del fatto che già allora si parlava di temi che oggi paiono contemporanei».
Siamo alla fine degli anni Settanta. «L’ho scritta tra il 1977 e il 1978, quando avevo 22 anni. Ed è fortemente autobiografica. Ero a Venezia quando mi raggiunse la notizia della morte di mia cugina Stefania. Morta di parto in tempi in cui era già impensabile accadessero vicende simili. Ero segretamente innamorato di lei. Era bella. Viveva vicino al Ponte Morandi a Genova. La madre aveva una tabaccheria e, da ragazzino, Stefania mi regalò una bandierina di una squadra di calcio. Si vendevano allora. Era la bandiera del Venezia. Dieci anni dopo ero in città quando mi arrivò la notizia della sua morte». Dal 2018 l’artista porta in giro lo spettacolo “Il Maestrone, i miei anni con Francesco Guccini”.
Il racconto va a quando “Venezia” venne incisa da Guccini. «Gli feci ascoltare quella canzone in Sicilia, dopo un concerto a Taormina. Stavamo in una villa con piscina, a tarda ora gliene parlai e la cantai. Rimase colpito. Nel 2015 nel cofanetto delle sue canzoni più belle spiegò il perché. In quel periodo sua moglie era incinta della figlia Teresa».
Da allora “Venezia” ha avuto un ruolo importante nella vita di Alloisio. «È un testo determinante nella mia carriera, il mio biglietto da visita. La cantavo anche quando conobbi Gaber. E oggi la canto. I ragazzi chiedono quelle canzoni, per capire il mondo. E tutti, anche se Francesco lo ha sempre detto, hanno capito che sono io l’autore. Vede, anche la musica è cambiata: se dovessimo trovare una canzone per il movimento di Greta, mi viene in mente solo “Eppure soffia” di Bertoli.
Questo perché va morendo il lavoro di racconto con le canzoni. L’arte dovrebbe raccontare la realtà e oggi lo si fa troppo poco. Manca il senso di ribellione e la musica - il pop - è diventata altro: intrattenimento con assenza di racconto. Così è il rap: dopo begli esempi, cattivissimi e durissimi, è diventato leggero, raffinato».
Mitia Chiarin
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