Venezia, basta monsignori: senza nomina papale sono tutti “don”
VENEZIA. Non dobbiamo più chiamarli “monsignori” ma più semplicemente “don”. O meglio, i “monsignori” che possono fregiarsi del titolo sono solo quelli di nomina papale, gli altri restano “don”. Non c’è niente di scritto, ma questa è la linea che segue il patriarca Moraglia, sul solco dell’estrema sobrietà di comportamento tracciato dal Papa. In Curia minimizzano: «Macché retrocessione, sull’utilizzo dei titoli è in atto una rigorosa revisione che rientra nella linea di sobrietà di papa Francesco».
Lo stile del pontefice eletto il 13 marzo, argentino, gesuita, è diretto, dirompente, rivoluzionario. Anche nella scelta del nome, quello del santo di Assisi. Papa Bergoglio ha detto subito a tutto il pianeta quello che c’era da fare: attenzione per i poveri e sobrietà. Poi si è inchinato e si è fatto benedire dalla folla. Il vescovo di Roma continua a ripetere: «Il vero potere è il servizio».
Il messaggio della prima omelia di papa Francesco, celebrata in italiano e a braccio con i cardinali del Conclave, è stato sorprendente: «Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre succede come ai bambini sulla spiaggia quando fanno i castelli di sabbia, e tutto viene giù. Camminare, edificare–costruire, confessare. Ma la cosa non è così facile, perché nel camminare, nel costruire, nel confessare delle volte ci sono scosse».
Il richiamo del Papa non è caduto nel vuoto. E il patriarca Moraglia sta seguendo la linea della sobrietà e del servizio. Anche nell’utilizzo dei titoli. Da mesi, ormai, il presule ha sostituito il titolo di “monsignore” con quello di “don”. Si rivolge ai suoi sacerdoti e li chiama “don”. I sacerdoti che finora erano chiamati monsignori sono 17 prelati del “Capitolo cattedrale metropolitano” nominati nel tempo dai vari patriarchi. A questi se ne aggiungono altri otto. Il loro titolo di monsignore era legato alla carica svolta che decadeva nel momento in cui c’era un’altra destinazione. Nella diocesi lagunare i veri “monsignori” sono quelli di nomina papale. Un po’ di imbarazzo è nato lo scorso 24 giugno in palazzo patriarcale, quindici mesi esatti dall’ingresso di Moraglia a Venezia, durante una riunione improtante: nella sala Tintoretto il presule aveva infatti riunito e comunicato ai rappresentanti degli Uffici di Curia, dei Consigli presbiterale e pastorale diocesano e ai Vicari foranei il nuovo “governo” della Curia e della Diocesi.
In quell’occasione, nel leggere il testo, monsignor Moraglia ha pronunciato “don” e non “monsignore”.
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