Venezia, al via le ricerche della leggendaria terza colonna di San Marco

Affondò in Bacino, tra storia e leggenda, nel 1172: la Soprintendenza dà l’ok per l’indagine tomografica. Sensori sui masegni di piazzetta San Marco, di fronte al Molo
Fotomontaggio di come apparirebbe la piazzetta San Marco con tutte e tre le "sue" colonne
Fotomontaggio di come apparirebbe la piazzetta San Marco con tutte e tre le "sue" colonne

VENEZIA. Parte davvero la “caccia” alla terza colonna di piazzetta San Marco, quella che secondo le cronache andò perduta e sommersa in acqua nel 1172, mentre veniva portata a riva insieme alle “sorelle” del Todaro e del Leone alato, e rimase sul fondo del Molo.

La Soprintendenza veneziana formalizzerà infatti all’inizio della prossima settimana il via libera all’indagine tomografica, nel tratto di riva compreso tra il ponte della Paglia e la Biblioteca Marciana proposta dal capitano e subacqueo veneziano Roberto Padoan proprio, per dimostrare che la colonna esiste davvero, sepolta sotto il fango a circa sette metri di profondità, a contatto con lo strato di caranto, l’argilla limosa e compatta che è nei fondali lagunari.

Dopo alcuni incontri preparatori nei mesi scorsi con i proponenti - Padoan è affiancato nell’operazione dall’Icorest srl, una società di Ingegneria integrata di Padova che si occupa di rilievi topografici, prove geognostiche e verifiche sismiche, e dalla Morgan sas, altra società specializzata in indagini geolettriche, monitoraggi ambientali, rilievi topografici e batimetrici - e una serie di valutazioni, la Soprintendenza avrebbe dato il via libera.

Venezia, la storia della terza colonna per la Piazza
Le colonne di Marco e Todaro in piazza San Marco

Sì a un’indagine non invasiva. Si tratta di un’indagine non invasiva, che per ora comporta solo l’installazione di alcuni sensori elettrici nelle fessure dei masegni, di fronte al Molo marciano, che non comporta alcun costo per i Beni culturali (tutto è carico dei privati) e che, al di là della presenza effettiva della terza colonna, può comunque fornire nuovi e utili elementi di conoscenza, dal punto di vista archeologico, dei fondali di fronte al Molo. Non appena sarà ufficiale l’ok della Soprintendenza guidata dall’architetto Emanuela Carpani, basterà solo l’autorizzazione del Comune all’intervento, da parte dei due assessori competenti, Luciana Colle per il Patrimonio e Francesca Zaccariotto per i Lavori pubblici. Ma il sindaco Luigi Brugnaro si era già detto interessato ad andare a vedere se la terza colonna marciana giace effettivamente in fondo al Molo e, dunque, non dovrebbero esserci difficoltà.

Padoan: «La colonna c’è». Soddisfatto, anche se ancora prudente il comandante Padoan, un’esperienza pluridecennale di lavori sott’acqua in laguna e in mare. Inventore, tra l’altro, di una resina acrilica da usare al posto del calcestruzzo per “salvare” le fondazioni immerse nell’acqua, senza interventi invasivi e senza rischio di inquinamento, che ha sperimentato all’hotel Savoia e Jolanda di Riva degli Schiavoni. «Se finalmente la Soprintendenza ci dà il via libera e il Comune, come credo, sarà al nostro fianco», commenta Padoan, «potremo partire con l’indagine, che non recherà alcun disturbo e si svolgerà solo nelle ore notturne, nel tratto di Riva che va appunto dal ponte della Paglia alla Marciana e che circonderemo pe tratti per installare i sensori elettrici nelle fessure dei masegni che ci permetteranno di registrare e analizzare la velocità di propagazione delle onde elastiche nel sottosuolo, rilevando così con esattezza la posizione e le dimensioni della colonna, per poi andare a colpo sicuro. Io sono convinto che la terza colonna sia là sotto. Abbiamo anche degli sponsor che ci affiancheranno nell’operazione di recupero ma che renderemo noti solo quando partiremo ufficialmente».

L’operazione recupero. Molto più complessa sarebbe la seconda fase dell’intervento, se davvero si accerterà la presenza della colonna con la tomografia sismica a rifrazione. Cominceranno allora le immersioni in acqua, nell’area interessata, e dovrebbe iniziare l’opera di ripulitura dal fango e di messa a nudo del manufatto. Il recupero prevede poi che venga steso del geotessuto sul fondo dello scavo e siano predisposte delle selle costituite da teli di teflon e poliestere, chiusi nella parte superiore e agganciati a una barra d’acciaio sulla quale sarebbero posizionati i cavi di sollevamento. Le gru sarebbero messe su ponti e la colonna a dimora lungo il Molo, così come si fece al tempo per le altre due. Ma il via libera a questa seconda fase sarebbe molto più difficile e costoso, anche perché si tratterebbe di intervenire in una zona delicatissima come quella del Molo - là dove c’è anche lo stazio dei gondolieri - rimuovendo parte della pavimentazione. Ma se davvero la colonna ci fosse, la questione assumerebbe un rilievo internazionale - sarebbe una scoperta archeologica di importanza eccezionale - e non a caso si parla già di tv specializzate interessate a seguire tutta l’operazione recupero.

 

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