Venezia, a rischio 50 mila bricole, nessuno interviene
Pali galleggiano in laguna, ignorate le tecnologie per renderle durature. Visman: non ci sono controlli
VENEZIA. Le teredini non amano la ruggine. Dunque, il legno con il sapore di ruggine smette di essere per i vermicelli d’acqua un ghiotto boccone. E le
bricole
si conservano.L’uovo di Colombo, che qualche bravo artigiano ha già applicato alla costruzione delle briccole in legno per renderle più durature. In laguna ce ne sono 50 mila, molte sono a tre pali, alcune (i pali di testa o “dame”), addirittura a quattro con il palo centrale. Il degrado è evidente, molte sono consumate dalle correnti e dal moto ondoso, altre dalle voraci teredini, i vermi d’acqua tipici della laguna che divorano il legno in acqua.Così molti pali si spezzano e galleggiano in laguna, pericolo evidente anche per chi va in barca, che ha provocato anche numerosi incidenti. Il Provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque) non ha i soldi per rimpiazzarle, ci vorrebbe qualche milione di euro. Come ha sempre fatto e dovrebbe fare per la manutenzione della laguna. E c’è qualcuno che pensa a sostituire i pali in legno con la plastica. L’effetto è diverso, in alcuni casi davvero poco «tradizionale». E soprattutto le regole ancora non ci sono. O non sono rispettate. Sara Visman, consigliera comunale del Movimento Cinquestelle, ha presentato ieri una interrogazione all’assessore alla Mobilità Renato Boraso e a quello all’Ambiente Massimiliano De Martin. Chiede di sapere come mai nei rii interni della città compaiano paline tra le più diverse, molte in plastica. «Chi verifica che siano conformi al protocollo approvato il 14 ottobre 2011 da Comune, Magistrato alle Acque e Soprintendenza?», scrive la consigliera. Intanto qualcuno ha prodotto le tecnologìe necessarie per realizzare le nuove bricole. «Possiamo farle di plastica, ma anche con la guaina, oppure con le graffette. In questo caso la ruggine rilasciata dal ferro allontana le teredini». In attesa di una decisione, le bricole sono di ogni tipo. Pali stretti in ferro, pali in plastica, pali di gomma. Non un gran bel vedere per una città sottoposto a vincoli. In laguna invece cadono a pezzi. «Ogni tipologìa ha le sue caratteristiche», spiega Crosera, «le guaine possono allungare un po’ la vita del legno. Ma se l’acqua entra da sopra è la fine. Poi ci sono i pali in plastica. Quelli fatti bene non si distinguono quasi da lontano. Infine le graffette. Metodo forse più duraturo». Nel cantiere della cooperativa Gondolieri Manin, alla Giudecca, Stefano produce pali di ogni tipo. Quelli con le graffette vengono lavorati alla fine sparando nel legno piccoli pezzetti di ferro. «Il contatto con l’acqua produce ruggine», dice Crosera, «un gusto che le teredini odiano. Quindi se ne vanno da un’altra parte».
(a.v.)
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