Veneto Banca, ecco la Top 100 degli azionisti rimasti bruciati

VENEZIA. Da Silvio Berlusconi fino al vostro vicino di casa, o forse voi stessi. Dalla famiglia Marcegaglia a Roberto Bettega, da Bepi Stefanel a Luca Zaia. Ecco la lista sterminata dei quasi novantamila soci di Veneto Banca. Ascesa e declino, guadagno e rovina. È la classifica per numero di azioni, per portafoglio: una cordata eterogenea - imprenditori, risparmiatori, pensionati, colossi della finanza, politici - per una scalata che ora rischia di finire malissimo, con un valore di quotazione in Borsa (sotto l’euro?) lontano anni luce dal picco di 40,75 euro toccato nel 2013. The higher you are, the harder you fall: più sei in alto, più ti fai male cadendo.
Come leggere l'infografica. La prima voce (quella di sinistra) riguarda il valore delle quote in euro a 40,75 per azione, la seconda il totale delle quote detenute
Era la classifica del potere, è diventata - per molti - quella del disastro. Per imprenditori locali e medi risparmiatori, che alle azioni Veneto Banca hanno imprudentemente affidato il loro destino a piene mani, il tracollo sarà difficile da somatizzare. Molte delle macerie del crollo di Veneto Banca sono a Torino. È lì la MaVa della famiglia Giovannone, che ha in pancia 1,3 milioni di azioni (valore che sfiorava i 53 milioni di euro, alla massima quotazione).

Sempre nel salotto finanziario piemontese ci sono la famiglia Segre (450 mila azioni in carico alla MiMoSe) e Pietro d’Aguì, ex vicepresidente di Bim. C’è anche Roberto Bettega: l’ex centravanti e poi vicepresidente della Juventus, presente in assemblea a Volpago del Montello lo scorso anno, ha in portafoglio azioni che valevano oltre un milione e mezzo di euro.
Di Bruno Vespa si è detto e ridetto: aveva quasi otto milioni di euro in azioni, è uscito indenne vendendo prima della crisi. Ora, però - liste aggiornate a marzo di quest’anno - risulta avere ancora ventottomila azioni, per un valore che due anni fa superava il milione di euro, ora rischia di pesare come un’utilitaria.

C’è poi lui, l’ex Cavaliere, Silvio Berlusconi. Un nome rimasto sempre sottotraccia, mai reso noto nell’azionariato dell’ex Popolare di Asolo e Montebelluna. Un investimento marginale per lui, visto l’impero ai suoi piedi: poco più di un milione di euro, sempre ragionando al vecchio prezzo di 40,75 euro per azione.
Molto esposti, invece, i fratelli Beretta dell’azienda di salumi di famiglia, sede a Lecco: hanno in cassaforte azioni che valevano quasi venti milioni di euro. C’è anche Proposta Srl di Carlo Benetton (91.286 azioni). Al di là dei nomi di copertina, però, qui c’è l’epicentro e qui rimangono le macerie più pesanti. Uno dei più colpiti è l’immobiliarista Giorgio Batacchi, settant’anni, «appassionato di finanza» come lo definisce il sito dell’associazione “Per Veneto Banca” di cui fa parte.
Altro nome legato all’associazione: Anna Maria Gasparini, moglie di Bruno Zago: se l’imprenditore della ProGest ha poco più di novemila azioni, la fetta più grossa in famiglia ce l’ha lei con oltre 332 mila titoli, controvalore ai massimi superiore ai tredici milioni di euro, ora chissà. Investimenti pesanti. Come quello di Gianfranco Zoppas (oltre dieci milioni di euro ai massimi), Graziano Castagner (imprenditore di Vazzola, otto milioni), Enrico Marchi (Save e Finint, quasi sette milioni e mezzo di euro), Giuseppe Stefanel (5,3 milioni) e la famiglia Piovesana di Conegliano (5,1 milioni).
Ci sono anche Mario Polegato (circa 1,8 milioni tra personali e Lir), Silvia e Gianpaolo Buziol (Replay, oltre tre milioni e mezzo) e Furio Bragagnolo e la sua Pasta Zara, che rischiano di lasciare sul campo oltre sei milioni di euro dopo i circa venti - tra personali e aziendali - dilapidati con la Popolare di Vicenza.
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