Venduti o in abbandono: «Adottiamo i palazzi». E per Rialto c’è il teatro
VENEZIA. Chi vende la città? Ieri i cittadine di molte associazioni hanno risposto alla domanda con due iniziative che mettono in luce la responsabilità delle istituzioni, ma anche dei residenti.
La prima è stata il flash mob del gruppo di cittadini de La Vida che ha invitato la città a farsi un selfie in 22 luoghi o in vendita o abbandonati o già venduti. Gli scatti delle persone, munite di un cartello con un messaggio per la tutela dei beni pubblici, sono raccolti in una mappa interattiva, visibile su Google Maps, chiamata “Venezia è anche”. «Siamo soddisfatti della partecipazione» ha detto Maria Fiano del gruppo de La Vida «Quando non c’è più un palazzo pubblico la città perde le sue funzioni».
La seconda iniziativa è andata letteralmente in scena in Pescheria. Ieri alle 17.30 il Mercato di Rialto si è trasformato infatti in uno spazio teatrale per i primi nove monologhi sul problema della residenzialità, scritti e interpretati dai cittadini con la supervisione dei due esperti Paolo Puppa e Margaret Rose.
«I monologhi sono un invito all’autocritica, anche ai veneziani», spiega Alberto Madricardo dell’associazione P.E.R. Venezia Consapevole, promotrice dell’evento con Rialto Novo «Hanno come filo conduttore il diritto di vivere la città, ma anche l’importanza della qualità dei servizi». In entrambe le iniziative Venezia è messa sotto una lente di ingrandimento per scoprire nei dettagli da cosa dipende lo spopolamento e la conseguente svendita di palazzi e funzioni della città.
«Abbiamo dimostrato che nei momenti che contano come questo, volto a denunciare la svendita della città, il tessuto associativo della città sa coordinarsi», ha detto Marco Gasparinetti del Gruppo 25Aprile davanti a Palazzo Papadopoli, da dove ha avuto inizio una serie di mobilitazioni come il volantinaggio alla Fenice e il corteo Minovadovia, «Noi siamo qui, in questo luogo che abbiamo cercato di difendere, ma per dire che non ci arrendiamo». Tra i luoghi più partecipati l’Ex Ospedale al Mare del Lido, venduto, ma ancora abbandonato, e il complesso di Sant’Anna in via Garibaldi, abbandonato. «Se Venezia fosse un corpo umano è come se ci stessimo vendendo le ossa e gli organi» ha detto Matteo Secchi, portavoce di Venessia.com davanti al palazzo della Camera di Commercio che diventerà hotel, «Noi lo denunciamo dal 2007 e continueremo sempre a farlo».
Se però si è dato un nome alla malattia, l’antidoto è in corso di ricerca. L’alienazione degli immobili da parte delle istituzioni è sotto gli occhi di tutti, ma i monologhi hanno evidenziato anche il ruolo dei veneziani. Il cerchio si apre e chiude con due riferimenti al Mercante di Venezia di Shakespeare che fanno da contenitore ai testi sulla mercificazione della città. A sorpresa però i protagonisti non sono le catene alberghiere o i supermercati, ma quei residenti che non sanno resistere al denaro. C’è per esempio l’impiegato che viene svegliato di notte perché sente dei rumori e si accorge che stanno rubando dei masegni. Prima va su tutte le furie, poi però si lascia sedurre quando scopre che postati su Internet si possono vendere a 180 euro al pezzo. C’è un diabolico agente immobiliare veneziano che circuisce una signora anziana per accaparrarsi la sua casa e trasformarla in locazione turistica. Tra i protagonisti anche una donna sfrattata che scopre che suo fratello, pur di affittare la camera libera che ha su Airbnb, non la ospita, costringendola ad andarsene dalla città. I testi sono davvero autoironici, come quello del ragazzo che finalmente riesce a trovare casa a Venezia, ma non appena si trasferisce i vicini fanno una petizione perché è giovane e disturba con le feste in casa. Ironici, ma anche tragicomici, come quello del monologo del masegno che, dopo essere stato per secoli e con orgoglio parte della Serenissima, si rende conto che verrà sostituito dai futuri masegni, non più di pietra, ma... di plastica.—
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