Vendere Klimt per risanare i conti. Daverio e Sgarbi a confronto: «Pura balla», «Idea geniale»

Opinioni opposte dei due famosi critici sulla possibile cessione delle opere d’arte. Ma per entrambi non potrà mai essere autorizzata la vendita all’estero

VENEZIA. Per Philippe Daverio è «una pura balla» e un progetto irrealizzabile, a meno di non svendere i capolavori di Klimt e di Chagall a un decimo del loro valore reale. Per Vittorio Sgarbi, invece, quella di Brugnaro è «un’idea sconcertante, ma a suo modo geniale perché è meglio vendere opere di Klimt e Chagall che non hanno un rapporto diretto con Venezia, che quelle conservate nei depositi dei Musei Civici, che sono invece di artisti che hanno un legame con il territorio e la sua storia».

I due famosi critici d’arte, i più “mediatici” d’Italia, commentano così l’idea del sindaco di mettere in vendita alcune delle opere d’arte dei Musei Civici, tra cui appunto quelle di Klimt e Chagall, per azzerare il deficit del bilancio del Comune

«L’idea del sindaco è una pura balla», insiste Philippe Daverio, «perché non riuscirà mai a ottenere dal ministero dei Beni Culturali l’autorizzazione a vendere quelle opere sul mercato estero. La “Giuditta II” di Klimt, ad esempio, venduta a Londra o a New York da Christie’s o Sotheby’s, può valere anche molto di più dei 70 milioni di euro stimati dal Comune. Ma siccome non potrà mai lasciare il territorio italiano, sul mercato interno nessuno la pagherebbe più di un decimo del suo valore reale, a meno che non scenda in campo qualche fondazione bancaria. Mi sembra inoltre assurdo pensare di sanare i buchi di bilancio vendendo le opere dei musei, ma anche un grave errore contabile. Il sindaco - e anche Renzi, se davvero gli ha dato una sorta di placet preventivo all’operazione - dovrebbero inoltre con corso di diritto amministrativo, perché non è possibile utilizzare una voce del conto capitale, come le opere d’arte possedute dai Musei Civici, per “sanare” i buchi di spesa corrente. Al massimo, con quei soldi, Brugnaro potrebbe costruire una scuola, o un ospedale».

Diversa e, come sempre, controcorrente, la valutazione di Vittorio Sgarbi. «Il primo impulso è dire che l’idea del sindaco è un’idiozia», commenta Sgarbi, «ma invece, ripensandoci, è, a suo modo, geniale. Personalmente ho sempre pensato che sia una sciocchezza cedere le opere dei depositi dei musei, non solo per il loro valore limitato, ma perché sono generalmente espressione di artisti del territorio, con una preciso legame con la loro città. Dipinti come la “Giuditta II” di Klimt o il “Rabbino di Vitebsk” di Chagall - artista peraltro sopravvalutato - non hanno alcun legame diretto con Venezia, al di là delle circostanze per i quali sono stati acquisiti da Ca’ Pesaro e dell’influenza che possono aver esercitato su artisti anche veneziani e potrebbero essere pertanto esposti in qualsiasi museo del mondo. Venezia è una città cosmopolita che può ospitare opere di tutti i tipi e che è sede anche di una collezione americana come la Guggenheim. Perché allora non cedere le opere di Klimt e Chagall - che potranno, poi, essere sostituite da nuove acquisizioni - se questo serve a riportare in equilibrio il bilancio del Comune? Ho però dubbi che il ministero dei Beni Culturali consentirà l’esportazione all’estero, per essere vendute, di opere come queste, a meno che Brugnaro non sia così bravo da convincere Renzi, Franceschini e prima ancora il Soprintendente veneziano che dovrebbe autorizzare la vendita».

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