Vende il bar che non è suo e il giudice la assolve

Portogruaro. Secondo l’accusa l’imputata si era fatta passare per proprietaria in realtà era solo colei che gestiva l’attività ma l’acquirente non l’aveva capito
DE POLO - DINO TOMMASELLA - PORTOGRUARO - TRAFFICO IN CENTRO NEL GIORNO DEL MERCATO
DE POLO - DINO TOMMASELLA - PORTOGRUARO - TRAFFICO IN CENTRO NEL GIORNO DEL MERCATO

PORTOGRUARO. Stando alle accuse, si era fatta passare per proprietaria del bar «Fly» di via Bon a Portogruaro, mentre in realtà era semplicemente colei che gestiva l’attività. Così, è finita sotto processo per tentata truffa, ma ieri il suo difensore, l’avvocato Nicoletta Masier, si è battuta per l’assoluzione e, alla fine, il giudice monocratico Stefano Manduzio ha assolto Romina Vareschin (29 anni, di Portogruaro) perché il fatto non sussiste.

La vicenda risale al gennaio 2009, quando l’imputata aveva pubblicato su «Città Nostra» e su «La Gazzetta immobiliare» l’annuncio che il suo bar, definito «prestigioso e recentemente ristrutturato», era messo in vendita a causa di problemi di salute della proprietaria. Con lei si era fatto vivo il portogruarese Antonio Limardi, interessato all’acquisto. Secondo il capo d’imputazione, l’imputata avrebbe fatto capire all’acquirente che era proprietaria del 95 per cento delle azioni della «Fly sas» a sua volta proprietaria del locale di via Bon, tacendogli invece che la società era semplicemente affittuaria e titolare della gestione. In questo modo i due si accordavano per l’acquisto per una cifra complessiva di 91 mila euro da consegnarsi a rate. Le prime tre sarebbero anche state consegnate da Limardi, in particolare avrebbe dato alla Vareschin una prima tranche di cinquemila euro, una seconda di diecimila e la terza di 15 mila, per complessivi trentamila euro. Inoltre, i due stipulavano il 9 gennaio di sette anni fa il contratto grazie al quale la Vareschin cedeva le sue quote a Limardi, mentre per l’altro 5 per cento la socia dell’imputata cedeva le quote alla convivente dell’acquirente. Infine, l’imputata avrebbe ricevuto altri cinquemila euro in contanti, inoltre un vaglia postale di 50 mila euro, del quale, comunque, Limardi rientrava in possesso.

Ieri, Limardi si è costituito parte civile chiedendo il risarcimento di sessantamila euro, mentre il difensore dell’imputata, l’avvocato Masier ha chiesto l’assoluzione, sostenendo che la venditrice e l’acquirente non si erano capiti su quello che era in vendita e non c’era, quindi, nessuna intenzione da parte della Vareschin di raggirare Limardi. Il giudice ha accolto l’impostazione del difensore. Anche il pubblico ministero Francesca Crupi aveva chiesto l’assoluzione.

Giorgio Cecchetti

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