Variante e più negozi per lo spazio M9

La modifica è necessaria per abbattere una parte dell’ex Cral Sip e aprire il passaggio con piazzale Donatori di Sangue
Di Francesco Furlan

Al 15 luglio del 2017, data prevista per la conclusione dei lavori, manca poco più di un anno. Il Museo del Novecento M9 sta prendendo forma ma ci sono ancora alcuni nodi da risolvere: la viabilità, l’accesso da piazzale Donatori di Sangue, le licenze per gli spazi commerciali. È quest’ultima la questione più delicata perché fondamentale per far quadrare i conti del Museo.

I soldi incassati con gli affitti dei negozi serviranno infatti a far funzionare il museo evitando che la Fondazione Venezia, regista del progetto, sia costretta a mettere mani al portafogli con l’ovvia conseguenza di rinunciare ad altri progetti. Se ne è discusso ieri nella visita delle commissioni consiliari Cultura ed edilizia ai cantieri del Museo, alla presenza dei vertici della Fondazione tra cui il presidente di Fondazione Venezia, Giampietro Brunello, e il presidente della società Polymnia (incaricata della realizzazione dell’intervento), Gianpaolo Fortunati. Dopo la presentazione di due settimane fa, che è servita a esplorare i contenuti del nuovo Museo, la visita di ieri è servita per fare il punto sui cantieri, su quel che è stato fatto e quel che serve da fare.

A partire dalla variante urbanistica che il comune dovrà approvare per garantire l’accesso al museo da Corte Legrenzi e piazzale Donatori di Sangue. Per farlo sarà necessario abbattere in parte un piccolo edificio, l’ex Cral della Sip, sui cui grava un vincolo urbanistiche che ne impedisce il parziale abbattimento.

Non dovrebbe essere un grosso ostacolo dato che ieri l’assessore all’Urbanistica, Massimiliano De Martin, ha ribadito l’impegno a rimuoverlo quanto prima. Anche l’edificio ex Cral, nelle intenzione della Fondazione, sarà destinato a negozi portando a poco meno di 3500 metri quadrati gli spazi dedicati al commercio, la maggior parte dei quali concentrati nell’ex convento. Poca cosa in ogni caso rispetto a quanto previsto all’ex Umberto I o in via Ulloa a Marghera. Per capirci: non sarà un altro centro commerciale, come alcuni temevano.

Ma che tipo di negozi ci saranno? «Non andremo in competizione con i centri commerciali o gli negozi del centro», dice Fortunati, «ma ospiteremo qualcosa di diverso con una vocazione culturale. Per fare qualche esempio: negozi di desgin, show-room, cibo biologico. L’importante sarà riempire gli spazi, in tempi brevi, per far quadrare i conti. «Siamo una Fondazione, abbiamo risorse a cui attingere se ci dovesse essere bisogno», aggiunge Fortunati, «ma l’affitto dei locali è fondamentale». Gli spazi si possono modulare, i negozi potrebbero essere tra i 25 e i 30. Altro nodo riguarda la viabilità.

Bisognerà discuterne anche se - «adesso sarebbe un po’ tardi, bisogna mettersi al lavoro subito», ha puntualizzato Martin ai vertici della Fondazione.

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