Vandali sul Lungolusenzo protestano i visitatori

Chioggia. Cestini rotti, scritte su panchine e muretti, piantine strappate Rotti i lampioni con i sanpietrini. L’assessore: «Attiveremo la videosorveglianza»
Di Elisabetta B.anzoletti

CHIOGGIA. Ancora vandalismi sul Lungolusenzo. La passeggiata più bella della città è stata presa nuovamente di mira da sbandati e perditempo che hanno divelto le piantine appena sistemate gettandole in laguna e “bersagliato” i lampioni con i sampietrini. Se ne sono accorti i podisti che domenica mattina nel consueto giro lungo il Lusenzo hanno notato i nuovi danni. Una storia che si ripete.

Immondizie, cestini rotti e gettati in acqua, scritte su panchine e muretti, danni ai sampietrini. Poche settimane fa le associazioni sportive e l’amministrazione hanno organizzato una giornata tutta dedicata alla tutela del Lusenzo attirando centinaia di persone che al mattino si sono dedicate ad una pulizia straordinaria.

In quell’occasione si era provveduto a piantare nuove siepi per ridare decoro agli spazi verdi. Tempo pochi giorni e le piante sono finite in laguna. «Questa passeggiata dovrebbe essere il fiore all’occhiello della città», commenta con amarezza Pietro Bassi dopo aver fatto un giro sul Lusenzo domenica scorsa, «purtroppo invece risulta poco curata. Oltre all’inciviltà della gente che lascia immondizie ovunque nonostante la presenza di cestini, alcuni gettati in acqua e mai più ripristinati, si aggiungono atti di vandalismo». Bassi, residente a Ca’ Pasqua da quattro anni, testimonia delle piantine strappate tra sabato e domenica scorsa e dell’odioso passatempo di scagliare i sampietrini contro i lampioni procurando la distruzione della pavimentazione e la mancanza di un’adeguata illuminazione. Della situazione l’amministrazione è al corrente, ma non c’è molto da fare se non ricorrere ad un sistema di videosorveglianza. «Speriamo di poter attivare la vigilanza con telecamere», spiega l’assessore ai Lavori pubblici, Riccardo Rossi, «finora mancavano le risorse per creare il sistema centrale su cui far confluire le immagini. Rimane però un problema culturale e sociale che nessuna telecamere potrà risolvere».

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