Vandali contro il palazzo dei bengalesi
MESTRE. Prima le minacce, le prese in giro, gli insulti e i furti - sigarette, in qualche caso il portamonete - alla fermata dall’autobus della chiesa di Sant’Antonio. Poi, la scorsa notte, la porta d’ingresso di vetro del palazzo - abitato solo da famiglie bengalesi - mandato in frantumi dal lancio di alcune pietre, raccontano i membri della comunità bengalese. «Non ne possiamo più di questi ragazzi», spiega Raul, uno dei bengalesi che abita nel palazzo di via Rinascita 2/C dove ci sono altre sette famiglie per un totale di circa 25 connazionali. Raul è in Italia da 17 anni, gestisce un negozio di ortofrutta in via Rinascita e un negozio di alimentari in via Bembo. E’ anche presidente dell’associazione Shariatpur-Venezia-Italia. Shariatpur è la regione del Bangladesh dal quale sono arrivati lui e molti altri bengalesi che abitano in città, soprattutto a Marghera. Dove ora hanno paura.
«Sono tornate le baby-gang, e con l’atto contro la porta di casa nostra abbiamo superato il limite», spiega. È successo tutto verso le 4 della scorsa notte. Quando alcuni degli inquilini bengalesi si sono affacciati dalla finestra hanno visto un gruppo di 6-7 ragazzini che si allontanava in bicicletta. «Sempre gli stessi», dice Raul, temendo l’escalation degli ultimi anni quando i bengalesi erano costantemente presi di mira, picchiati e rapinati da gruppi di giovani, i cui pestaggi erano stati poi interrotti con due diverse indagini della squadra mobile della polizia. «Non devono ritornare quei giorni», dice Kamrul Syed, il portavoce della comunità bengalese in città, «ma la preoccupazione tra i membri della comunità torna a crescere». E il perché lo spiega ancora Raul, facendosi portavoce dei connazionali che abitano nel palazzo e nel quartiere. «Molti di noi che lavorano a Venezia, negli alberghi o nei ristoranti tornano a casa la sera dopo mezzanotte, scendendo alla fermata della chiesa di Sant’Antonio», spiega. E una volta scesi trovano, a giorni alterni, il comitato d’accoglienza, composto da un gruppo di ragazzi, almeno sei o sette. «Chiedono una sigaretta, poi si prendono tutto il pacchetto», spiega, «minacciano e rubano, il telefonino o il portafogli, è successo che abbiano rubato anche un tablet».
In pochi però denunciano a polizia o carabinieri il furto. «Molti devono lavorare e preferiscono non perdere tempo», aggiunge Raul. Anche perché, capito l’andazzo, in molti hanno cominciato a girare con il portafogli leggero. «Chiediamo l’intervento delle forze dell’ordine», prosegue Raul, «perché per noi Marghera non è più un quartiere sicuro a causa di questi giovani». Anche il presidente della comunità, Kamrul, invita le forze dell’ordine a intervenire per evitare che salga la tensione. E come sempre il suo pensiero è rivolto ai più giovani della comunità. «Li invito a non reagire e a stare calmi anche se avrebbero voglia di difendersi», spiega, «noi dobbiamo avere fiducia nelle istituzioni».
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