Valerio Bari ucciso per pochi euro, killer incastrati dal Dna

I due amici erano pieni di debiti. Decisive per la Mobile le tracce lasciate su una sigaretta
Valerio Bari
Valerio Bari
VENEZIA.
«Voglio i soldi! Voglio i soldi! Non mi interessa! Fai quel ca...o che vuoi. Cerca! Vai in cerca... questa notte!! Lo sai che a mezzogiorno, domani, voglio i soldi o voglio la roba. Guarda che non scherzo. Paolo, te copo!». A parlare così all'amico e socio è il 65enne Giorgio Gaggio in un'intercettazione ambientale: gli investigatori della Squadra mobile, oltre ad intercettare una decina di cellulari di parenti e amici della vittima Valerio Bari, hanno piazzato anche una microspia nella vecchia Golf del 66enne Paolo Pozzobon e così hanno registrato questo ed altri colloqui tra i due arrestati per omicidio volontario aggravato e rapina, colloqui che hanno definitivamente «incastrato» i due.


«La roba», infatti, non sono che gli anelli, l'orologio e la catena d'oro che la vittima aveva addosso quando è stato assassinato. I due, in particolare Pozzobon, che quando telefona in giro si presenta come «Paolo, quello dell'oro», cerca di piazzarla in fretta per qualche centinaio di euro: i due hanno bisogno di soldi e subito.


Su Gaggio le prove sarebbero schiaccianti: il suo Dna, presumibilmente estratto da gocce di saliva, è stato inequivocabilmente trovato dal medico legale Luciana Caenazzo sul nastro adesivo utilizzato per legare le mani di Bari (probabilmente è stato strappato con i denti), sulla cicca di sigaretta trovata accanto al cadavere della vittima e anche sulla sua camicia.


La comparazione è stata fatta con la saliva recuperata, diciotto giorni dopo il delitto del 30 giugno, su un'altra cicca buttata da Gaggio e raccolta dai poliziotti proprio per questo. Valerio Bari è stato ucciso a causa di quel suo vezzo di girare con due anelli, un bracciale, una catena e un crocefisso, tutti d'oro.


Nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice veneziano Antonio Liguori su richiesta del pm Stefano Buccini, sono elencati anche gli indizi che riguardano Pozzobon. Sul moglianese, a differenza che sull'amico, non esiste la prova schiacciante che anche lui abbia partecipato materialmente all'omicidio (lo avrebbero fatto salire in auto, lo hanno colpito alla testa, quindi lo hanno derubato, poi ucciso riempiendogli la bocca con i fazzoletti di carta e stringendogli un sacchetto di plastica al collo, infine lo hanno trasportato con la Golf fino al ciglio della strada dove lo hanno scaricato). Ma c'è innanzitutto la trattativa per piazzare l'oro di Bari, trattativa definita «convulsa» nell'ordinanza. Inoltre, c'è l'ora: Bari è uscito di casa alle 10 del 30 giugno e alle 11,15 Pozzobon e Gaggio si presentano al bar «da Dario e Giorgio» assieme, scendendo entrambi dalla Golf.


Raccontano ad un comune amico, circostanza riferita agli inquirenti dal gestore del locale, di aver incontrato Bari poco prima. E dal luogo dove viene rinvenuto il cadavere al bar c'è qualche chilometro, percorribile in pochi minuti solo in auto e Gaggio, il presunto assassino, l'automobile non la possiede.
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