Valeria, ragazza modello dal Benedetti alla Sorbona

VENEZIA. Valeria sorride ed è per l'ultima volta. Sorride alla fotocamera che, immaginiamo, sia quella del fidanzato, ripresa all'interno di un locale probabilmente parigino, il dolcevita grigio, il filo di perle, i lunghi capelli castani portati di lato e lo sguardo scintillante di chi ha fiducia nel futuro e, più ancora, in se stessa. Valeria Solesin è entrata nelle case degli italiani e nel frullatore dei social così, con una fotografia che celebrava la vita e che ora invece ne suggella la morte.
Per ventiquattro ore l’immagine della giovane veneziana, ricercatrice di successo alla Sorbona di Parigi, inizialmente data per “dispersa” nel mattatoio del Bataclan, è diventata famigliare a tutti perchè ciascuno ha visto e riconosciuto in lei una figlia, una sorella, un’amica. I suoi 28 anni, la sua faccia pulita, la sua sobrietà, la sua “normalità”, verrebbe da dire, l’hanno proiettata in eguale misura nell’alveo dell’affetto e dell’angoscia collettivi. Nel volger di poche ore è diventata semplicemente, e universalmente, Valeria.
Valeria che il fidanzato ferito e sotto choc aveva cercato ovunque; Valeria a cui l’amica aveva preso la borsa e il cellulare mentre intorno a loro decine di ragazzi cadevano come pupazzi sotto il fuoco cieco dei terroristi; Valeria che qualcuno aveva visto ferita mentre era già senza vita sul pavimento coperto di sangue e cadaveri del Bataclan. Valeria che, all’inzio di una carriera folgorante, sembrava avere davanti a sè solo un futuro luminoso. Ma anche Valeria che abitava a San Marcuola dove tutti la ricordano. Proprio la piccola Valeria, possibile?
Tra l’inizio dell’incubo e il suo compimento, in quelle ore in cui la speranza di immaginarla viva e il terrore di saperla morta s’intrecciavano in un lugubre balletto, Valeria ha continuato a sorridere mentre altre persone, via facebook e via twitter, hanno incominciato a raccontare di lei.
Valeria Solesin, padre dirigente scolastico all’Istituto comprensivo San Girolamo, madre insegnante alla Vecellio di Mestre e un fratello - Dario - che ieri è volato da lei, non era solo bella e brava. Era anche buona. La sua storia di studentessa esemplare che si diploma al liceo scientifico Benedetti, poi si laurea in Sociologia a Trento, sente che l’Italia le sta stretta e decide di andare a Parigi per seguire il dottorato all’Istituto di Demografia con specializzazione sui temi legati alla famiglia; tutto questo curriculum si completa con una straordinaria empatia verso gli altri che aveva messo per anni al servizio di Emergency, prima a Venezia e poi a Trento. «Grazie, Valeria» la ringrazia su twitter Gino Strada, allegando la foto struggente che ritrae Valeria - seconda da destra - insieme gli altri giovani volontari con i quali aiutava i senzatetto.
«Mancherà all’Italia» dicono i genitori, quasi facendo un passo indietro rispetto al priorio strazio, per far capire quanto la giovane fosse promettente. «Un cervello in fuga» dicono le amiche che l’avevano vista partire e mettere su casa insieme al fidanzato a Parigi, nello stesso arrondissement della strage. Certo, se fosse rimasta.
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