Vaccini. «La percezione del rapporto tra rischi e benefici è molto alterata»

«Proprio per il successo delle vaccinazioni sembra che alcune malattie non siano più circolanti. E ci si concentra sui cosiddetti effetti collaterali delle vaccinazioni, che però nella stragrande maggioranza dei casi sono lievissimi». Walter Ricciardi, commissario dell’Istituto superiore di sanità e ideatore del report “Prevenzione vaccinale” di Osservasalute spiega cosa non ha funzionato: «Serve armonia tra le Regioni e vanno allontanati i medici che fanno dinsinformazione»

Prevenzione vaccinale, qual è oggi il rapporto tra i rischi e i benefici?
«I rischi sono modesti e i benefici altissimi. Dal punto di vista scientifico il rapporto è molto migliorato grazie alle nuove tecnologie con cui vengono prodotti i vaccini moderni, dal punto di vista della percezione pubblica è molto alterato. Proprio per il successo delle vaccinazioni si ha la percezione che alcune malattie non siano più circolanti. Ci si concentra invece sugli effetti negativi delle vaccinazioni, i cosiddetti effetti collaterali, che però nella stragrande maggioranza dei casi sono lievissimi».

Assistiamo in Italia a una diminuzione della copertura vaccinale. Quali sono i rischi che più preoccupano la comunità scientifica?
«Ci preoccupano tutte le malattie per cui le vaccinazioni sono diminuite. Tre in particolare: quelle per l’infanzia, quelle contro la meningite e quelle antinfluenzali. Un caso a parte è quello della vaccinazione contro l’Hpv, il virus del papilloma umano che causa anche il cancro della cervice uterina. Nel primo caso assistiamo a un calo della copertura perchè i genitori vaccinano meno i bambini contro morbillo rosolia e parotite. In questo modo, con Austria e Germania, siamo tra coloro in Europa che ne consentono ancora la circolazione. Possono essere presi oltre che dai bambini anche da adolescenti e adulti. In questi casi le malattie sono molto fastidiose e richiedono spesso un ricovero in ospedale. Il danno è sia per gli individui che per la comunità.»

E per quanto riguarda la meningite?
«Si tratta di un’infezione delle meningi, membrane che avvolgono il cervello. Può essere causata da una molteplicità di virus e di batteri. Le forme da batteri che proteggiamo con la vaccinazione esavalente sono quasi  scomparse proprio perchè vacciniamo tutti i bambini. Poi abbiamo introdotto la vaccinazione contro la meningite C che in effetti è diminuita ma, più recentemente, sono aumentati i casi di meningite B. Su 10 episodi infatti, oggi 4 sono da meningite C e 6 da meningite B. Nel primo caso si tratta di persone che non si sono protette nonostante il vaccino sia distribuito gratuitamente da due anni; nel secondo il vaccino non è ancora stato inserito nei piani vaccinali  e ancora non è gratuito. Deve essere completata la fase di valutazione da parte delle autorità pubbliche. Alcune Regioni lo stanno offrendo gratuitamente come Toscana, Puglia, Sicilia. I programmi hanno successo quando vengono organizzati bene e i vaccini proposti gratuitamente per la popolazione, come dimostra uno studio che abbiamo fatto nel caso dell'Hpv (vaccino antipapilloma virus): le ragazze osservate erano disposte a vaccinarsi ma non a pagare.»

Dal rapporto emerge un andamento altalenante dei casi di meningite. Aumentati dal 2000 al 2009, diminuiti nel 2010, si registrano casi recenti, in Toscana ad esempio. Da cosa dipende?
«La situazione è articolata. I casi aumentano quando prevale un certo virus o batterio. Può capitare che ci siano persone portatrici sane del batterio Neisseria meningitidis nel naso e nella gola che, in ambienti molto affollati come le scuole, entrino in contatto con chi non è protette naturalmente e che dunque si possono ammalare.»

Ha citato anche un calo nella vaccinazione antinfluenzale
«Uno dei vaccini più sicuri, ma purtroppo migliaia di persone nei mesi scorsi (dopo il caso del vaccino antinfluenzale Fluad: il 27 novembre l'Aifa in via cautelativa impose il blocco di due lotti, in seguito alla  segnalazione di alcuni decessi dopo la vaccinazione. Il Fluad venne poi scagionato dal Comitato per la farmacovigilanza dell'Agenzia Europea per il Farmaco: non c'era alcuna relazione tra vaccino e decessi ndr) non si sono vaccinate. Questo ha causato centinaia di morti in più. L'anziano che non si vaccina e prende l'influenza può morire proprio per complicanze legate all'influenza.»

Quanto pesa la presenza degli immigrati nel calo della copertura e nella circolazione di malattie prevenibili con i vaccini?
«Non ha effetti rilevanti».

Per quanto riguarda il rapporto costi/benefici, nel rapporto si dice che causa crisi e razionalizzazione della spesa sanitaria si risparmia sulle prevenzione, vengono presi in considerazione i vaccini solo se portano risparmio a breve termine. Dipende da questo la mancata introduzione tra i vaccini raccomandati di quello per la gastroenterite da rotavirus?
«Questo è un vaccino la cui importanza è sottovalutata. Le infezioni da rotavirus per la maggior parte dei  casi portano a un ricovero dei bambini. Non è nel mondo occidentale una malattia mortale ma in passato è stata banalizzata, mentre in un'ottica di sanità pubblica fare un vaccino serve a evitare ricoveri e ai bambini il trauma di stare in ospedale. Anche qui però è un problema di percezione del valore della vaccinazione. I genitori italiani che vivono in un'isola accettano con entusiasmo quando gli viene proposto questo vaccino: temono, se si dovesse ammalare il figlio, di non riuscire a raggiungere in tempo un ospedale. Se abitano in una grande città si sentono più rassicurati. Il rapporto costo/benefici è nettamente a favore del vaccino, ma le persone vanno informate e convinte a vaccinarsi.»

Colpisce, guardando i dati regionali, una situazione in Italia a macchia di leopardo per quanto riguarda la copertura vaccinale. Alcune regioni non raggiungono coperture soddisfacenti. Perchè? Non dovrebbe esserci un calendario vaccinale unico e un'offerta omogenea?
«C'è un calendario nazionale che ogni Regione è tenuta per legge applicare. Ma ci sono poi Regioni più o meno virtuose. Un esempio: il vaccino Hpv per l'nfezione papillomavirus è offerto gratuitamente dallo Stato alle ragazze di 12 anni. Alcune Regioni invitano i genitori delle 12enni a fare la vaccinazione. Altre no. Il risultato è che la media nazionale di copertura vaccinale è del 60%-65%, quando l'obiettivo è del 95%.  Altro caso: ci sono Regioni che hanno un'anagrafe vaccinale. In caso di vaccini che richiedono tre dosi per essere completati, ricordano ai genitori i richiami. In altre Regioni la registrazione dei vaccini avviene solo su carta, con timbri. Se una madre dimentica di far fare il richiamo al figlio questo non avrà copertura vaccinale.»

Cosa manca? Cosa il servizio sanitario nazionale potrebbe fare di più in tema di vaccini?
«Oggi abbiamo un ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che sostiene le vaccinazioni. Ha attivato un gruppo permanente per le strategie vaccinali che sta producendo il prossimo piano nazionale per la prevenzione vaccinale. Abbiamo il sostegno del Governo. Quello che manca è un'armonia tra le Regioni. E poi non possiamo più tollerare che alcuni operatori del sistema sanitario nazionale facciano disinformazione. Ci sono medici e pediatri che invece di raccomandare le vaccinazione le sconsigliano. Addirittura c'è chi specula sui genitori, con teorie che accostano i vaccini a un aumentato rischio di autismo. Andrebbero richiamati, rieducati e se persistono nella loro ignoranza, sanzionati, come succede in Inghilterra dove chi non sostiene le vaccinazioni viene escluso da ogni rapporto di lavoro con il servizio sanitario nazionale.»

L’invito a valutare l’eventualità di togliere l’obbligatorietà dei vaccini per rimettersi alla consapevolezza e alla responsabilità dei singoli cittadini non è¨ rischioso in un contesto, come quello che stiamo vivendo, di cultura del sospetto?
«È un passaggio molto pericoloso e difficile ma lo sforzo che dobbiamo fare tutti è quello di andare oltre l'obbligatorietà. Sono fiducioso che, con gli strumenti di comunicazione adeguati, riusciremo a convincere le persone. La vera battaglia è spostare l'obbligo della vaccinazione sui servizi invece che sui genitori. Oggi in Italia mediamente una donna ha un solo bimbo e lo ha intorno ai 30 anni, non vede intorno a sè, per strada, le conseguenze delle malattie arginate dai vaccini. Per questo ha il terrore di far vaccinare il proprio figlio se non viene convinta che sia la cosa migliore da fare per il proprio bambino. È questa la sfida e va vinta con la scienza e con la persuasione, non devono avere la meglio la paura e l’irrazionalità.»

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