Va in crociera con l’amante: marito incastrato da Facebook

La moglie tradita ha ottenuto la separazione con addebito usando le foto di lui e l’altra in vacanza insieme postate e comparse sul social network
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MESTRE. Il primo rapporto globale sulla trasparenza sfornato da Facebook parla chiaro: l’Italia è il quinto Paese al mondo e il secondo in Europa per spioni e spiati. Il riferimento è alle richieste dei governi che chiedono al social network l’accesso a profili «sospetti». E, sempre più spesso, tali profili entrano nelle aule del tribunale diventando importanti, se non decisivi, per una sentenza. Il fenomeno è diffuso nelle cause di separazione. Dove mogli e mariti traditi - o presunti tali - esibiscono post compromettenti per ottenere, a carico del coniuge, l’addebito della separazione per colpa. Con tutto quel che ne consegue sotto il profilo economico.

È successo anche a Treviso dove il giudice ha dato ragione alla moglie. Che, appunto, si è accorta del tradimento grazie (o per colpa, dipende dai punti di vista) di Facebook. I fatti. Il marito, 55 anni, commerciante trevigiano, comunica alla moglie, coetanea e casalinga, che dovrà andare all’estero alcuni giorni per motivi di lavoro. Lei non ha sospetti, è già successo in passato che il coniuge dovesse assentarsi. Solo che, stavolta, gli affari sono di cuore. Sì, perché l’uomo parte con l’amante per una romantica crociera. Un giro breve, di qualche giorno, tra Grecia e isole dell’ex Jugolsavia. Breve, ma intenso, visto che il commerciante dimentica l’abc del perfetto-traditore facendosi fotografare insieme all’amata. E quegli scatti - chissà come mai - finiscono su Facebook. La moglie li vede, sul profilo di un amico comune, e quel che ne consegue è facilmente intuibile: causa di separazione con addebito a carico dell’uomo.

Difficile per il commerciante, di fronte a cotanta documentazione fotografica - sfoderare il classico: «Cara, non è come sembra». Ad assistere il commerciante c’era l’avvocato Fabio Capraro. Che avverte: non sempre però il sociale network incastra il fedifrago. «La Cassazione - precisa il legale - con sentenza 8929 del 2013 e la Corte d’Appello di Bologna hanno stabilito che Facebook non vale come prova, ma come mezzo di ricerca della prova. Anzi, attenzione: può trasformarsi in un boomerang perché il tradito che fruga tra le carte o tra le mail del compagno può essere accusato di violazione della corrispondenza o di accesso abusivo al sistema informatico».

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