«Usura, non mi sono ucciso per aiutare le altre vittime»
Inizialmente avevano riempito solo poche file di sedie, poi hanno occupato quasi tutti i posti, animandosi ai racconti delle vicende cariche di disperazione e voglia di rivalsa. Giovedì sera, nel patronato della chiesa di Dese, in tanti hanno risposto alla chiamata di don Enrico Torta, il parroco che da anni combattere le varie forme di ’usura. «I genitori», ha esordito, «vivono senza poter vedere la famiglia e anche questo è usura: si chiede di lavorare, di avere soldi in prestito dalle banche, e in cambio ci portano via la vita». Il prete si riferisce soprattutto al lavoro domenicale, non a caso a Dese era presente Tiziana D’Andrea, leader del movimento “Domenica, no grazie” che sta pensando di organizzare una protesta per far sentire le proprie ragioni al governo.
Forte l'appello a “fare rete”, unendo le associazioni perché il tutto diventi più forte della somma delle parti: «Isolati», ha continuato don Torta, «non andiamo da nessuna parte e quindi questa sala resterà sempre a disposizione».
Alle parole forti del parroco sono poi seguite quelle dei rappresentanti dei gruppi di aiuto e dei semplici cittadini intervenuti per presentare la propria testimonianza; c'è chi è venuta dalla Sardegna per raccontare come è finita nella spirale dell'usura e ha poi deciso di mettersi in prima linea per offrire sostegno a chi si trova nella sua stessa situazione: «Giù da noi però non si trova lo stesso accanimento da parte delle banche», ha specificato la volontaria, «solo qui ho scoperto che un istituto di credito può diventare un aguzzino».
E questa forma di “tirannia bancaria” ha un nome: anatocismo, ovvero la capitalizzazione degli interessi, una pratica fortemente disciplinata dalla legge italiana, che però viene spesso ignorata. «Rivolgetevi ai nostri sportelli, al numero verde 800 814 603», ha insistito Alfredo Bellucco di Confedercontrinuenti, «possiamo aiutarvi e potreste persino scoprire che sono le banche a dovervi dei soldi».
Significative le testimonianze dei presenti, primo fra tutti Luciano Sturaro, imprenditore padovano noto per essere uno dei coordinatori del movimento dei “Forconi”: «La mia azienda era in rovina per via di un controllo della Guardia di Finanza, io ho evitato di spararmi solo perché sono credente e perché convinto di dover restare qui ad aiutare gli altri come me».
C'è chi ha imparato a memoria l'iter legislativo delle ultime riforme sul lavoro e c'è chi ha chiesto spiegazioni persino a eminenti professori di diritto, vedendosi rispondere con un sorriso amaro. Tra i presenti, in silenzio, anche la cugina di Maurizio Bernardi, l'imprenditore morto appena due settimane fa. Il passo successivo, per il gruppo di don Torta, sarà quello di rivolgersi direttamente al governo.
Giacomo Costa
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