Usura, il re dei salumi condannato a due anni
Angelo Bonazza giudicato responsabile per aver preteso mille euro di interessi ma assolto dall’accusa di estorsione. Dichiarate prescritte due accuse maggiori
CA’ NOGHERA. Due anni di reclusione (pena detentiva sospesa), 6 mila euro di multa, più altrettanti di risarcimento del danno alla parte civile, oltre al pagamento delle legali, per usura: per aver preteso mille euro di interesse in poche settimane su un prestito di 13.500, a un vivaista con il quale era in affari e che - in difficoltà economica - rischiava di perdere l’azienda, se non fosse riuscito a estinguere un’ipoteca.
A tanto, ieri, il Tribunale di Venezia presieduto da Savina Caruso ha condannato l’imprenditore della carne Angelo Bonazza, titolare dell’omonimo salumificio di Ca’ Noghera, del “Becher” di Ponzano (Treviso) e dello storico Unterberger di Perarolo (Belluno), che produce lo speck del Cadore. A suo carico la pm Laura Cameli aveva chiesto una ben più pesante condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione, ma il Tribunale ha assolto l’imprenditore dal reato di estorsione, mentre per i due principali casi di usura contestati, ha dichiarato il non doversi procedere per avvenuta prescrizione: è passato troppo tempo dai fatti per poterli giudicare. Il Tribunale ha così anche revocato il sequestro conservativo sui beni dell’imprenditore, per 350 mila euro, ottenuto dalla parte civile.
La vicenda giudiziaria è quella che è nata dalla denuncia di un floricoltore di Casale sul Sile, Lucio Barbiero, con la moglie e il figlio titolari della FlorSile: i fatti contestati risalgono al 2008. Così lontano nel tempo dall’essere ormai prescritti: secondo la ricostruzione dell’accusa, Bonazza avrebbe preteso in cambio di un prestito alla ditta di Barbiero – al tempo era in difficoltà – una partita di piante valutata 750 mila euro, per un prezzo dichiarato di 200 mila euro. Avrebbe inoltre obbligato Barbiero a cedergli la sua villa a Casale sul Sile per 450 mila euro, la metà del valore dichiarato in una stima. Accusa di usura in questo caso prescritta, come pure quella di estorsione, legata alle minacce che - secondo la Procura - l’imprenditore avrebbe mosso a Barbiero e alla moglie per ottenere la restituzione del denaro con gli interessi.
«Questa sentenza - che condanna Bonazza a 2 anni di reclusione e dichiara il non doversi procedere per avvenuta prescrizione per gli altri reati- conferma che l’usura c’è stata, ma per alcuni reati è passato troppo tempo per poter andare a giudizio», commenta l’avvocato di parte civile Luigi Ravagnan, con la collega Fabiana Danesin. «Due anni per una presunta usura di mille euro? Sarà certamente assolto in Appello», la replica soddisfatta dell’avvocato difensore Barolo, «La parte civile aveva chiesto 2 milioni e il Tribunale non ha concesso neppure la provvisionale».
(r.d.r.)
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