Un’odissea in ospedale per una donna di 81 anni

Tre lunghe attese, diagnosi contrapposte, distrazioni e prescrizioni mancate Il genero racconta la disavventura durata due giorni: «Per fortuna non era grave»
Venezia 20070420 OSPEDALE CIVILE in foto L' OSPEDALE CIVILE SAN GIOVANNI E PAOLO (INTERPRESS/InterPress )
Venezia 20070420 OSPEDALE CIVILE in foto L' OSPEDALE CIVILE SAN GIOVANNI E PAOLO (INTERPRESS/InterPress )

VENEZIA. «Ma se un anziano è solo, non ha parenti o i soldi per una badante e sta male, come può venire fuori da un simile girone dantesco?». Così i parenti di un’anziana signora del Lido al termine del racconto della disavventura ospedaliera vissuta dalla donna. Nessun caso di malasanità grave, ma una tale sequenza di malintesi, distrazioni, diagnosi opposte, procedure contorte - pur tra molti accertamenti - che fanno ritenere quanto accaduto non un caso isolato.

«Venerdì 20 settembre», racconta il genero, «mia suocera di 81 anni, affetta da demenza senile, si sveglia con una caviglia gonfia. Mia moglie - bloccata al lavoro - dice alla badante di accompagnarla dal medico: ma in sala d’attesa, mia suocera sviene. Così raggiungono il pronto soccorso del Lido, dove dopo controllo pressione ed elettrocardiogramma, viene inviata al Civile. L’idroambulanza arriva due ore dopo e all’ora di pranzo è al Civile: al pronto soccorso la sistemano per accertamenti in una stanza, con altri pazienti, ordinando alla badante di stare fuori, anche se lei insiste nel spiegare che ha bisogno di assistenza continua. Mia suocera chiede più volte di andare al bagno: alla fine si fa la pipì addosso. L’infermiera dice che l’ha accompagnata tre volte: ma se lei doveva andarci ancora? Bastava avessero fatto entrare la badante. Tant’è, a parte un panno, non le danno nulla per togliersi i jeans sporchi». Verso le 14, la signora è in Cardiologia: «Quando arrivo la sento gridare, esausta per essere ancora sporca, piange». Solo alle 19.30 la figlia riesce a parlare con il medico, che dice che la madre non ha niente di grave, che può ritornare il lunedì per una visita angiologica e che avrebbero trovato la prescrizione in Pronto Soccorso. «La Croce Verde arriva due ore dopo, alle 21.45», racconta ancora il genero, «e ormai mia suocera era al limite, esasperata. Quando a casa mia moglie la spoglia per poterla finalmente pulire, si accorge che ha ancora la “farfallina” della flebo infilata nel braccio. Chiama il 118: torni al pronto soccorso oppure le spieghiamo come toglierla, le dicono. Ovviamente, la toglie lei». Il lunedì alle 9 sono al Civile, ma non c’è traccia di prescrizione per la visita: così riprende la trafila dell’accettazione. Alle 10.30, l’angiologo diagnostica una trombosi non grave, prescrivendo una terapia da fare a casa. «Ma a fronte di un precedente di ischemia», prosegue il genero, «la dottoressa del Pronto soccorso dispone una Tac, che fa a mezzogiorno. Ma nessuno ha avvisato i barellieri e così - dopo due ore di attesa - solo alle 14 torna al Pronto soccorso. Lei ormai urla, vuole tornare a casa. La Tac evidenzia qualcosa al cuore, ma per il cardiologo è tutto in ordine, un falso positivo. Al pronto soccorso però insistono per il ricovero: in Medicina 2 un letto si libera solo alle 17.30, quando ormai mia suocera gridavava “fatemi morire”». L’angiologo è stupito del ricovero e il mattino dopo la paziente viene dimessa: «Ma in attesa del trasporto, arriva a casa solo alle 18.30. A quel punto, mia moglie si accorge che mancano le sue solite medicine. Torna al Civile a prenderle e all’uscita si accorge che le hanno dato la confezione di un’altra paziente». Ma la disavventura non è finita: «Nel foglio di dimissione, il medico parla del gonfiore alla caviglia sinistra (ma è la destra!) e prevede terapia con eparina, con controllo domiciliare di emocromo ogni tre giorni. Ma non prescrive il farmaco né la posologia e il medico di base dice che non lo può fare lui». Risultato: nuove telefonate incrociate in reparto per la ricetta. E gli esami? «Giovedì 26 mia moglie chiama l’assistenza domiciliare: le dicono che deve andare la mattina al Lido (lei è veneziana e lavora) e comunque non se ne parla prima del 1 ottobre. Per fortuna mia suocera tutto sommato sta bene, ma fosse stata sola?».

Roberta De Rossi

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