Uno sconto di cinque anni per il gondoliere

Tentato omicidio nel bar di via Garibaldi, la Corte d’Appello condanna Pellegrini a 8 anni e 5 mesi

Un sconto di cinque anni e sette mesi per il sostituto gondoliere di Sant’ Iseppo Alessandro Pellegrini. Era accusato di tentato omicidio e, ieri, la Corte d’appello lo ha condannato a otto anni e cinque mesi di reclusione.

Rispetto alla condanna di primo grado (14 anni, la sentenza è del 2 luglio dello scorso anno) alcuna circostanze sono cambiate a favore dell’imputato, grazie soprattutto all’azione dei suoi difensori, gli avvocati Renato Alberini e Giorgio Pietramala. Davanti ai giudici di secondo grado, Pellegrini ha ammesso le proprie responsabilità, prima aveva sempre negato. «Confesso di essere stato io l’autore del grave reato che mi è stato contestato», ha dichiarato, «Neppure ora, a distanza di oltre un anno e mezzo dal fatto, riesco a capire perché mai l’abbia fatto e come sia stato possibile che mi sia reso responsabile di un reato così grave». Quindi, ha chiesto scusa alla parte offesa che, prima del processo di ieri, ha risarcito con 20 mila euro.

La difesa, inizialmente, avevano sostenuto che colui che era entrato nel bar «Collo Modì» di via Garibaldi, la mattina del 17 settembre 2013, con il viso coperto da una sciarpa e con il cappello calcato in testa e aveva sparato due colpi di pistola, uno contro il bar l'altro contro il dipendente, non era Pellegrini. Il pubblico ministero Giorgio Gava, durante il processo di primo grado, aveva chiesto una condanna a quindici anni: per il rappresentante della Procura le prove contro Pellegrini sarebbero state schiaccianti: ci sono stati innanzitutto i riconoscimenti del titolare del bar e del cameriere ferito. «Entrambi sono certi, anche se chi ha sparato aveva il viso parzialmente coperto», aveva detto Gava. «Lo conoscevano da tempo e lo vedevano quasi tutti i giorni». E poi ci sarebbero stati alcuni riscontri inconfutabili: «Esiste un movente, anche se può apparire assurdo per il senso comune, Pellegrini riteneva che il barista si fosse comportato in modo scortese con lui, facendogli pagare sia lo spritz che aveva bevuto sia quello che in precedenza gli era caduto a terra». Inoltre, un mese prima, in agosto, aveva minacciato di morte con lo stesso tipo di arma, una pistola argentata (almeno così è stata descritta sia dai testimoni nel bar sia da colui che allora aveva subito le minacce) un'altra persona, che lo aveva denunciato. Per il pm c' era stata «una spaventosa sproporzione tra il presunto torto subito e la reazione, ma quella mattina l'imputato aveva assunto cocaina, come hanno dimostrato le analisi». (g.c.)

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