Undici “eroi” dimenticati da tutti Una vita nel silenzio della laguna

Le storie dei residenti che vivono lontani anche da Venezia, che dista a un’ora e mezza di vaporetto Nel regno della tranquillità i turisti animano l’isola solo fino al tramonto, poi torna la quiete
Di Silvia Zanardi

A Torcello la vita segue i ritmi del sole. Ci si sveglia all'alba, si lavora, si fanno quattro chiacchiere con chi ne ha voglia e alle sei di sera cala il sacro silenzio: la Basilica chiude; i turisti se ne vanno; i negozi, le bancarelle e i ristoranti tirano giù la serranda e domani è un altro giorno. Al tramonto la laguna è più piatta che mai, grilli e cicale danno il meglio delle loro doti canore e un vento leggero arriva a scompigliare i manti d'erba incolta, che virano dal verde acceso all'argento. Se durante il giorno si ha la fortuna di incrociare uno degli undici residenti dell'isola, è meglio abbandonare l'idea di scattargli una foto. Questo è il regno della privacy e della tranquillità, dove chiacchierare con chi ci vive da sempre è un piacere ma anche un privilegio, perché oltre la soglia della conversazione, di uno scatto davvero “sudato” o di un nome e cognome da poter citare, difficilmente si va. A quasi un'ora e mezza di vaporetto da Venezia, Torcello è l'isola dove non esistono supermercati, né farmacie, né scuole, né banche. Ma di questo, ai suoi abitanti, importa poco: a cinque minuti d'acqua c’è Burano, con tutte le sue comodità. Abituati a vivere in campagna ma circondati dalla laguna, i torcellani non baratterebbero il loro angolo di paradiso con nulla al mondo, figuriamoci con il caos di un qualsiasi centro che, pur galleggiando, possa avvicinarsi al concetto di città. Alla signora Sandra Lazzarini Redo, che è nata qui (proprio qui, in casa), si bagnano gli occhi al solo pensiero di aver lasciato l'isola quando aveva sette anni: «Con la mia famiglia ho vissuto a Mestre fino ai venti ma pensavo a una cosa sola: tornare. Ed eccomi qua, vivo con il mondo in casa, chiacchiero con i turisti e la sera mi godo questa pace. Sono un'isolana felice e per nulla isolata». Sandra gestisce la bancarella di souvenir di fronte alla Basilica di Santa Maria Assunta con il marito Alfio. Anche lui, torcellano “doc”, ricorda come fosse ieri la sua infanzia sull'isola, quando nelle case patriarcali si viveva in più di venti persone, a Torcello c'erano la scuola elementare, le stalle con gli animali e i residenti erano addirittura duecento. Negli anni Settanta, sono scivolati a un'ottantina e poi, di anno in anno, sono calati in un'arrestabile fuga verso le altre isole e la terraferma. Gli abitanti erano sedici fino allo scorso anno, quando Simone Regazzo, giovane papà di tre bambini, ha preso moglie e figli e si è trasferito a Burano, dove la vita per una famiglia è meno complicata. Ogni giorno Simone, originario della vicina Mazzorbo, viene qui a lavorare come custode della Basilica: «Eravamo venuti ad abitare a Torcello qualche anno fa – spiega- ma quando il nostro figlio più grande ha compiuto sei anni ce ne siamo andati: aveva bisogno di una scuola e di coetanei con cui socializzare». Sono lontani i tempi in cui il vociare di tante piccole canaglie passava dal bagnetto collettivo nel mastello, alle sfide a “piera alta”, alle corse fra orti e rii dopo la scuola, oggi un rudere in via di ristrutturazione. Sull'isola, non ci sono più bambini. Gli “undici di Torcello” sono tutti “maturi” e solo la metà di loro è nata qui, alcuni sono arrivati dopo la pensione o all'inizio di una nuova vita. La signora Nicoletta Piccoli Emmer gestisce il suo storico negozio di antiquariato, ha la casa sopra la bottega e un vigneto da film: «Ho sempre vissuto a Venezia ma a un certo punto della mia vita ho deciso di stare qua – racconta – Questo negozio era di mio padre, ci venivo con lui da bambina nei fine settimana perché la nostra attività principale era in Via XXII Marzo: nel 1998 l'ho venduta e mi sono tenuta solo questa. Una follia lasciare Venezia? No. Lontani dalla confusione, si sta davvero bene». I torcellani possono essere considerati la comunità più religiosa d'Italia perché da nessun'altra parte, come qui, oltre il cinquanta per cento dei residenti va a Messa la domenica. Basta fare due conti: «Ci vengono in sei su undici», dice con orgoglio Don Ettore Fornezza. E di ciò, durante la sua visita in laguna, se ne è compiaciuto addirittura il Papa. Don Ettore è una delle “colonne” dell'isola, ha l'occhio severo verso le “mise” da spiaggia dei turisti che entrano in chiesa e la sua agenda dei matrimoni, che celebra solo a Santa Fosca, è sempre piena.

«Chiedono di sposarsi a Torcello molte coppie di italiani, veneziani, ma anche di stranieri, stregati dalla bellezza di questo posto o affezionati all'isola – spiega – Ognuno ha il suo motivo per voler festeggiare qui le sue nozze, e la scelta non è mai casuale». Per settembre è previsto addirittura un matrimonio con maxischermo a un passo dal Trono di Attila: gli invitati saranno talmente tanti che alcuni dovranno seguire la cerimonia in un cinema all'aperto.

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