Una task force per controllare moschea e centri di preghiera

San Donà. Le direttive del prefetto Cuttaia dopo l’allontanamento dell’imam per un sermone violento Polizia locale, pompieri e Asl valuteranno i requisiti di sicurezza delle strutture che ospitano i fedeli
F.GAVAGNIN SAN DONA DI PIAVE CENTRO AQUILEGIA
F.GAVAGNIN SAN DONA DI PIAVE CENTRO AQUILEGIA

SAN DONA' - «Su San Donà l’attenzione è massima». Lo dice il prefetto Domenico Cuttaia al termine della riunione del comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza convocata ieri a Ca’ Corner dopo l’allontanamento dell'imam - un volontario che svolgeva funzioni di imam - di San Donà, il marocchino Raoudi Albdelbar, raggiunto a inizio mese da ordine di espulsione da parte del ministero dell’Interno per «grave turbamento dell'ordine pubblico e pericolo per la sicurezza nazionale e discriminazione per motivi religiosi». Aveva inneggiato alla violenza contro gli ebrei e il suo video, online, era stato intercettato da un’associazione ebraica americana, e lui denunciato.

Nel corso della riunione di ieri mattina, cui ha partecipato anche il sindaco di San Donà, Andrea Cereser che da tempo l’aveva chiesta, la questione è stata affrontata soprattutto sul piano amministrativo. È stato deciso di attivare una task-force, di cui faranno parte vigili del fuoco, tecnici del Dipartimento di prevenzione dell’Asl e vigili urbani, per accertare che la sede dell’associazione islamica al centro commerciale Aquilegia, uno spazio utilizzato come una moschea, abbia le carte in regola e i requisiti di sicurezza per ospitare i fedeli. Un controllo che, come conferma il sindaco, sarà eseguito nell’arco di pochi giorni, «giusto il tempo di coordinare l’intervento da parte di chi vi parteciperà». È un controllo che, anticipa il prefetto, parte da San Donà ma potrà essere esteso anche ad altri luoghi, usati per la preghiera, nel resto della provincia. È un punto sul quale Cuttaia ci tiene a essere chiaro.

«L’esercizio della professione di fede è garantito dalla Costituzione e va tutelato ma deve svolgersi nel rispetto delle norme, perché in molti casi si tratta di edifici privati, ma aperti a tantissime persone. Sono controlli che vanno fatti a tutela di chi vi partecipa e a tutela di tutti i cittadini».

Aggiunge Cuttaia: «Non si tratta di limitare i diritti di qualcuno, ma di garantire il corretto esercizio del diritto da parte di chi partecipa alle funzioni religiose. È un messaggio generale di osservanza delle regole che non riguarda solo San Donà. Un modello operativo, quello dei controlli coordinati, che potrà essere esteso ai centri di preghiera degli altri comuni. Scriverò ai sindaci».

C’è poi il profilo investigativo della vicenda, sul quale c’è il massimo riserbo, anche se le indagini della Digos sono orientate a capire il contesto in cui operava l’imam volontario Albdelbar e se, con i suoi sermoni che invitavano alla violenza contro gli ebrei, sia riuscito a fare proseliti, o a costituire un terreno fertile per l’integralismo islamico, sul quale in queste settimane sta indagando anche il Ros di Padova.

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