Una strada per Gino Donè insorge l’estrema destra
Una via per Gino Donè, subito la ribellione dell’estrema destra. Ennio Mazzon, che è stato consigliere comunale per 30 anni, ha vergato di sua mano una lettera di protesta al sindaco Andrea Cereser. È contrario all’intitolazione della strada a Donè, supportata da associazioni, tra cui l’Anpi, e anche da diversi amministratori.
La figura del “partigiano dei due mondi”, nella seconda guerra eroe della missione angloamericana Nelson, poi eroe con Fidel Castro e Che Guevara a Cuba, continua a dividere il Basso Piave. La sua storia è affascinante. Prima combattente tra i partigiani più intrepidi contro i nazifascisti, nel ’45, quindi, sul finire dei ’50 a Cuba, dove era sbarcato da clandestino in cerca di fortuna dalla Germania, ancora in prima linea, sempre a difesa degli oppressi e contro una dittatura. Tanto che a Cuba Gino risulta tra gli 82 eroi sulla motonave Granma nella sbarco ad Alegria del Pio dalla quale si è scatenata la rivoluzione di Castro e la presa del potere.
Donè poi andò negli Usa dove iniziò una nuova vita prima di tornare in Italia, quindi più volte a Cuba per le ricorrenze ufficiali accanto a Fidel. Classe ’24, è morto a San Donà nel 2008, nella città che considerava sua, anche se nato a Rovarè, dove di recente è stato ricordato con importanti manifestazioni.
Adesso San Donà, vorrebbe riconoscergli questo tributo con il nome di una via. «Bisognerebbe reperire i documenti penali», attacca Mazzon, «e i carichi pendenti. Non sappiamo neppure perché al suo ritorno in Italia non gli è stata concessa la cittadinanza. E perché non ha usufruito dell’amnistia voluta da Togliatti. Ha combattuto con Castro e Che Guevara, che ben pochi considerano alfieri della democrazia. Invitiamo pertanto l’amministrazione a essere cauta. In caso contrario ci riserviamo di adire le vie legali».
Il sindaco Andrea Cereser non si sbilancia: «Non ci sono ancora proposte o richieste formali, quando sarà le esamineremo come prevede la legge».
L’Anpi, con la presidente Maria Rossitto, è risentita davanti a queste critiche: «Ci sono atti storici che documentano la sua vita, risponderemo punto per punto a quanto dice. Gino ha combattuto nella missione Nelson, dopo la guerra è stato richiamato alle armi e ha pure assolto al suo dovere finendo il servizio militare. Partì per cercare lavoro e vivere, per questo non era in Italia all’epoca dell'amnistia. Merita una via e il riconoscimento della sua città perché ha sempre combattuto per la libertà e per i più deboli».
Giovanni Cagnassi
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