Una pedalata lunga una vita

Alberto Fiorin, veneziano senza patente, gira il mondo in bici con moglie e figlio

Una delle sue fortune è quella di abitare vicino a Piazzale Roma. Per un veneziano senza patente, che da anni viaggia per il mondo in bicicletta e si porta dietro moglie e figlio alla scoperta delle bellezze che vanno assaporate piano – camminando o pedalando, lontano dall'odore di benzina e dal caos– è un sollievo sapere di essere a pochi minuti dalla terraferma. Anzi, dalla terra: dove i raggi girano che è un piacere, c'è il verde, ci sono i fiori, le montagne e il profumo di natura. Alberto Fiorin e la bicicletta sono una cosa sola. Precisamente dal 2001, quando questo ex professore di lettere, ha mollato il lavoro per dedicarsi anima e corpo alle due ruote senza motore. I suoi primi viaggi seri, comunque, sono iniziati negli anni Settanta alla scoperta della Mitteleuropa e, in poco tempo, si sono trasformati in vere e proprie imprese diventate libri, guide e racconti sul web. Macinando chilometri sui pedali, Fiorin, classe 1960, ha attraversato l'Italia, l'Europa, è andato in Siberia, a Gerusalemme, a Capo Nord, ed è recente la sua lunga spedizione da Bassano a Dakar, a scopo benefico, intrapresa con 15 ciclisti dell'associazione “Ponti di Pace” e narrata, a quattro mani con il fotografo Carlomaria Corradin, nel libro “Il sogno di Nenette” (Calleidos Editore). Ogni viaggio nasce nella mente proprio come un sogno, prende forma sulle carte geografiche e diventa reale in mezzo a numeri di telefono e piccoli ostacoli da superare. «Senza organizzazione non si va da nessuna parte – spiega Alberto – Ci vuole anche un anno per affrontare un viaggio lungo, magari di due o tre mesi». Fiorin ne parla nel suo appartamento di Santa Marta, in un'esplosione di libri, immagini e racconti che condivide da sempre con la moglie Tiziana, di cui si è innamorato tra un viaggio e l'altro coinvolgendola in viaggi in bici e lunghe camminate che hanno portato un nuovo “esploratore” in famiglia: Fausto, 18 anni e un nome che rende onore al grande Coppi. «Adoro la lentezza e la libertà di conquistare il territorio senza fretta – dice Alberto – Il miglior modo per farlo è camminare, ma la bici è il giusto compromesso fra il gusto di assaporare il mondo e la velocità necessaria ad affrontare le lunghe distanze». Tutto è iniziato quasi per caso, da un primo viaggio a Mosca nel 1989 da cui, con un gruppo di bassanesi, è nata, nel periodo caldo della cortina di ferro, l'associazione “Ponti di pace”. Ma la passione che lo ha portato a fare del viaggio, della bicicletta e della scrittura il tutt'uno che gli fa sentire il bello della vita è fiorita da una piccola-grande sconfitta: il viaggio del 2001, a lungo immaginato, e mai compiuto, da Venezia a Pechino: «È stata la beffa più grande della mia vita, e allo stesso tempo la molla che mi ha fatto lasciare il lavoro e cercare di sopravvivere viaggiando e scrivendo di bici – racconta – Con i miei compagni, avevo organizzato il viaggio nei minimi dettagli: dovevamo stare via 96 giorni ma, lasciata San Marco di fronte ai fotografi, ho percorso i primi 25 chilometri e sono caduto stupidamente fratturandomi l'omero e finendo in ospedale».

«Anche se non l'ho vissuto sui pedali, è stato questo il viaggio della mia vita: un viaggio virtuale raccontato a quattro mani nel libro “Strade d'Oriente” scritto con Aldo Maroso – continua – Da allora non ho più smesso di pedalare e di scrivere». È stato dopo questa “esperienza”, questo sogno mancato ma vissuto nel profondo, che Alberto Fiorin ha mollato tutto per dedicarsi alla bici e ai libri: «È stata la vera svolta, la beffa che tuttora mi tiene fra le braccia di una passione senza fine».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

GUARDA LA FOTOGALLERY

E COMMENTA

WWW.NUOVAVENEZIA.IT

Argomenti:unastoria

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia