Una frattura vertebrale scoperta troppo tardi fu fatale per Maurizio Marcon

La procura ha indagato una dozzina di medici di tre ospedali

Ma per la consulenza le responsabilità della morte del giornalista sono a Portogruaro

Rosario Padovano

SAN STINO DI LIVENZA. Imperizia nella fase iniziale del trattamento di cura, a Portogruaro, dove i medici non si sono accorti di una frattura vertebrale. Queste sono le conclusioni della consulenza che la Procura di Pordenone, per conto del pm Andrea Del Missier, ha affidato al medico legale Michela Frustaci, sul caso della morte del giornalista di San Stino, Maurizio Marcon, deceduto lo scorso mese di giugno a 70 anni, due settimane dopo una banale incidente domestico, una caduta dalla sedia.

Per questo episodio sono sotto indagine 12 professionisti della sanità che hanno avuto a che fare a vario titolo con il ricovero di Marcon, trasferito da Portogruaro a Mestre e infine a San Donà di Piave, dove è deceduto a fine giugno scorso. La relazione conferma nelle conclusioni quanto emerso dall’autopsia: Marcon, che aveva a che fare con un quadro clinico delicato per alcuni pregressi problemi di salute alla schiena, aveva rimediato una frattura al rachide di cui però nessuno si era accorto nelle prime fasi di cura.

Al pronto soccorso Marcon è stato accolto con un codice basso. La prima radiografia non faceva emergere alcuna frattura; non così da un esame successivo, eseguito il giorno dopo. Qui le fratture emerse sono state addirittura due, una al rachide la più grave e una minore. Il codice bianco assegnatogli identificava una situazione non urgente.

Marcon ha avuto accesso al Pronto soccorso alle 17 e le prime radiografie sono state eseguite solo dopo le 20. Sono state però refertate dal radiologo la mattina successiva, quando Marcon era stato ritrovato disteso sul fianco sinistro su una barella di pronto soccorso. Lamentava dolori fortissimi.

L’evento causale si identifica in un non corretto inquadramento diagnostico della lesione vertebrale alla radiografia; ciò ha poi comportato una non corretta gestione del paziente, né nei tempi né nelle modalità, all’interno della struttura con conseguente danno ulteriore per spostamento dei corpi vertebrali fratturati. La relazione prende di mira soprattutto quanto accaduto a Portogruaro, e in qualche modo “assolve” l’operato di medici e infermieri degli ospedali di San Donà e Mestre. 

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