UNA FOTO, UNA STORIA / Ecco la colonna sonora di San Rocco
VENEZIA. Davanti a lui potevano esserci mille persone come nessuna. Anche oggi, come quella prima volta, quando canta davanti a decine di turisti incantati, lui immagina di essere lì da solo. Il giorno in cui il tenore veronese Giuseppe Corsi ha deciso di dedicare la sua voce alla strada risale a vent'anni fa e di quei momenti ricorda solo il panico, la paura e l'imbarazzo. Non sa dire bene dove si trovasse, né cosa stesse cantando. «Mi tremavano le gambe, mi sentivo spaesato, non sapevo da che parte cominciare». Ma la prima moneta lasciata da un turista in segno di apprezzamento ha allentato subito la tensione: «Stavo cantando bene, anche se non me ne rendevo conto».
La vita di Giuseppe Corsi come tenore di strada è iniziata così e continua ogni giorno di fronte a un calmo viavai di persone sconosciute che ascoltano, applaudono e se ne vanno conservando un bel ricordo. Ogni settimana, Giuseppe parte Verona e arriva a Venezia in coppola e papillon per cantare in Campo San Rocco, sempre di mattina e sempre di fronte alla Scuola Grande, le cui lunghe panchine si trasformano nelle poltrone di un teatro all'aperto. Con lui ci sono una chitarra, un leggio e uno stereo per le basi musicali che usa quando non canta a cappella. Oggi, come venti anni fa, Giuseppe chiude gli occhi, tira fuori la voce e immagina di essere da solo con le sue canzoni napoletane, i suoi "Parlami d'amore Mariù", la sua "Rondine al nido" e i "Non ti scordar di me". "Quando canto dimentico le preoccupazioni, e la strada regala un incredibile senso di libertà», racconta. Attorno a lui scroscia un applauso dopo l'altro e le signore veneziane che passano di lì per caso all'ora di punta, con carretti e borse della spesa, se ne vanno a casa con la dedica. Alla fine di ogni canzone c'è chi si ferma a dargli la mano, e anche chi gli chiede l'indirizzo per inviare alla sua posta foto e cartoline: «Canto da quando sono piccolo ma di mestiere ho fatto il ferroviere», racconta Giuseppe. «Quando sono andato in pensione ho deciso di cantare per strada da un giorno all'altro, non so perché. Ho preso la licenza a Venezia e da vent'anni la rinnovo ogni mese». Ma prima di arrivare a cantare fra le calli, ha messo a frutto la sua dote con il maestro veronese Ubaldo Composta, portando all'Opera in Arena il coro di voci bianche dell'associazione Filippo Neri; ha allestito il coro "La Ferrata" con i suoi ex colleghi di lavoro e dopo aver scritto l'inno alla ferrovia ha composto anche la colonna sonora dei sub.
Oltre ad alzarsi la mattina alle 5.30 per fare yoga, a cantare a Venezia e ad allietare le giornate dei suoi amici negli orti collettivi, Giuseppe è, infatti, anche un sub di tutto rispetto. Ai Frari è ormai di casa. Lo conoscono nei bar, nelle chiese, nelle case. E attraverso La Nuova Venezia chiede di portare la sua voce agli anziani, ai malati, a chi soffre e vuole distrarsi. «Vorrei tanto andare a cantare negli ospedali, nelle case di riposo e di cura, nelle scuole. Mi metto a disposizione gratuitamente».
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