Una decina di imprenditori si è autodenunciata alla Guardia di Finanza

Hanno chiamato direttamente e personalmente il centralino della Guardia di Finanza, senza l’intermediazione del proprio avvocato, chiedendo di poter parlare con gli investigatori che si stanno occupando dell’inchiesta sui capitali in “nero” portati all’estero. Poco meno di una decina di imprenditori veneti sarebbe dunque pronta a parlare con il procuratore aggiunto Stefano Ancilotto ed i finanzieri del Nucleo di polizia economico-tributaria guidati dal colonnello Gianluca Campana. I loro nomi sono contenuti nella “lista De Boccard”, dal cognome dell’intermediario svizzero Bruno De Boccard finito nell’inchiesta assieme al collega Filippo Manfredi Dan Martino di San Germano d’Agliè con l’accusa di esercizio abusivo dell’attività finanziaria con illecita raccolta e gestione di investimenti.

Nella lista trovata nello studio di De Boccard a Friburgo in Svizzera, ci sono oltre duecento nomi, soprattutto di società, che avrebbero portato il “nero” all’estero. Nelle caselle del file Excel risultano posizioni riconducibili non solo ad italiani, ma anche a stranieri provenienti da svariati Paesi, tra cui numerosi dalla Francia. Al momento gli investigatori sono riusciti a risalire a una trentina di imprenditori italiani (in buona parte veneti) attraverso un lavoro certosino di identificazione, favorito anche dall’intreccio con i dati ricavati dalle indagini sullo studio di commercialisti PVP di Padova. Ma l’impegno prosegue, anche se la strada sembra essere in salita.

La decina di imprenditori che si sarebbe fatta avanti con la Finanza potrebbe aiutare ulteriormente a chiarire il quadro. I titolari di aziende già identificati (i cui nomi sono riportati nel dispositivo di sequestro) hanno ammesso di aver investito il “nero” delle attività all’estero attraverso società con sedi nei paradisi fiscali, ma di aver aderito allo scudo fiscale nel 2009, avendo quindi riportato i capitali in Italia e quindi regolarizzato le rispettive posizioni nei confronti del Fisco. Nessuno degli imprenditori finora finito nel mirino degli investigatori è stato indagato perché il reato è prescritto oppure la somma portata all’estero è stata in seguito scudata.

Qualora i finanzieri dovessero accertare l’esistenza di altri imprenditori che hanno usufruito dei “servizi” offerti dai due intermediari svizzeri, l’ammontare dei sequestri potrebbe crescere. —

Ru.B.

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