Una casa del sesso con squillo di lusso Ricchi cinesi disposti a pagare 500 euro
Arrivavano dalla Cina in aereo anche per una sola notte, ma lo scopo non era Venezia, bensì via Monte San Michele. La laterale di via Piave era infatti nota a quei turisti cinesi di un certo rango alla ricerca di squillo di lusso.
Gestito da tre madame asiatiche, l’appartamento mestrino era diventato un punto di riferimento per un sito di incontri cinese. Qui venivano soddisfatti i desideri di chi cercava sesso senza precauzioni e di ogni tipo, ma non solo. Gli uomini d’affari o i ricconi cinesi che risiedevano in alberghi a cinque stelle di Venezia e terraferma, potevano chiedere anche il servizio direttamente nell’hotel, pagando fino a 500 euro a notte. Per accontentare i propri clienti le tre matrone allestivano suite personalizzate in base alle preferenze, dove non mancava l’idromassaggio e altri comfort. Se i clienti erano più poveri, si organizzava lo stesso, a partire da 50 euro. Le prostitute erano cinesi giovanissime che arrivavano in Italia con la promessa di un lavoro, ma che poi rimanevano impigliate in una rete di giri a luci rosse.
Ieri i carabinieri di Mestre hanno portato alla luce una vicenda di prostituzione clandestina che si è chiusa già la scorsa primavera. Il giudice per le indagini preliminari Raffaele Incardona ha infatti disposto ieri l’esecuzione delle misure cautelari a carico delle tre menti che avevano organizzato tutto nel minimo dettaglio. Yuefeng Xiao, 33 anni di Mestre, e Chunhua Yang, 42 anni di Castelfranco Veneto, dovranno rispettare l’obbligo di dimora e presentarsi ogni giorno in caserma, mentre per Lizi Wang, 52 anni di Reggio Emilia, sono scattati gli arresti domiciliari e il braccialetto elettronico. L’accusa è quella di reato di sfruttamento della prostituzione, commesso a partire dal 2016.
La macchina del sesso era efficace e produceva una quantità di soldi. In una piattaforma digitale cinese dedicata a incontri di vario tipo, c’era anche l’annuncio per «rapporti sessuali a pagamento di ogni tipo» di via Monte San Michele, con un numero di cellulare ben evidente. Il cliente chiamava e trovava a turno una delle tre sfruttatrici che ne verificavano l’attendibilità, concordavano la prestazione, il prezzo ed eventuali altre richieste. Oltre a San Michele c’erano appartamenti a Piove di Sacco, a Jesi e a Macerata in modo da coprire una vasta aerea geografica. Il passo successivo era la conferma di dove e quando che avveniva tra cliente e prostituta attraverso l’applicazione WeChat.
I carabinieri hanno spiegato che l’attività è stata scoperta nell’ambito delle operazione, incluse quelle contro la droga, volte a riqualificare l’area di via Piave, dove questa attività è stata di fatto sradicata. L’appartamento era in un condominio con case affittate da altri connazionali che non hanno mai denunciato l’attività illecita. Le giovani prostitute erano costrette a lavorare in cambio del minimo indispensabile per vivere. Ora sono finalmente libere. —
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