«Un veneto non può essere giudicato da un magistrato italiano»
VENEZIA. «Un giudice italiano non può giudicare Luigi Faccia», parola di avvocato. Depositata ieri e, con ogni probabilità, esaminata questa mattina. È la richiesta di scarcerazione di Luigi Faccia, il venetista che progettava una seconda occupazione di piazza San Marco con un “tanko” e che è stato arrestato il 2 aprile nel corso dell’operazione “Smile” su ordine del Tribunale di Brescia. L’operazione dei carabinieri del Reparto Operativo Speciale (R.O.S.) era volta ad impedire, prevenendo, supposte azioni terroristiche finalizzate a “costringere i legittimi poteri pubblici ad acconsentire all’indipendenza del Veneto e di altre regioni del nord Italia, così determinando lo scioglimento dell’unità dello Stato in violazione dell’art. 5 della Costituzione”. Tra le accuse a Faccia anche quelle di “banda armata”. Dei 24 arrestati ben 22 sono già stati rimessi in libertà.
Così i legali di Faccia, gli avvocati vicentini Alessandro Zagonel e Andrea Aarman, hanno presentato richiesta di scarcerazione al Tribunale di Veicenza. Ma nel suo scritto depositato per ottenere la libertà del proprio assistito, Zagonel presenta come prima motivazione “Difetto di giurisdizione del Giudice italiano”, una tesi che farà sobbalzare i magistrati che dovranno analizzarla.
Dopo aver presentato la storia del Veneto e della liberazione dall’occupazione asburgica, Zagonel infatti presenta la successiva richiesta di annessione del Veneto all’Italia, votata a stragrande maggioranza dai veneti di allora, come un “raggiro” e documenta l’attualità della sua tesi con delle votazione dello stesso Consiglio regionale, risalenti al 1998 (16 anni fa) in cui si sostiene il diritto all’autodeterminazione di tutti i popoli.
C’è però un “inghippo tecnico” ricordato con obiettività dallo stesso avvocato Zagonel: Il 4 aprile 2014, nel dare le proprie generalità nel corso dell’interrogatorio di garanzia, primo contatto con la magistratura dopo l’arresto, Luigi Faccia si dichiarava di cittadinanza veneta e chiedeva la verbalizzazione delle seguenti parole: «Mi dichiaro prigioniero di guerra in qualità di responsabile del Fronte di Liberazione e servitore della Serenissima Repubblica del Veneto». In pratica Faccia si avvaleva poi della facoltà di non rispondere e non avanzava alcuna richiesta né di riesame né di scarcerazione.
Il legale però cerca di riparare osservando che: «La posizione di Luigi Faccia può apparire frutto di allucinazione o essere considerata antistorica, ma, indipendentemente dalle analisi delle idee del proprio assistito, ritiene questo patrocinio che: nessuno possa essere privato della libertà personale per il fatto di avere un obbiettivo politico, di sostenerlo, di raccogliere fondi per il suo affermarsi, di diffonderlo anche per mezzo di iconografie financo progettando azioni eclatanti atte ad attirar l’attenzione dell’opinione pubblica». In pratica il legale difende attaccando e sostenendo il diritto di Faccia a manifestare il proprio credo, liqyuidando però l’accusa di “banda armata” con “progetto di azioni eclatanti”.
Per questo, dopo una lunga digressione storica, l’avvocato Zagonel chiede che il suo assistito: “sia rimesso in libertà in attesa della decisione sull’eccepito difetto di giurisdizione del Giudice Italiano e in attesa dell’eventuale giudizio avanti l’organismo che vorrà ritenersi o che sarà ritenuto aver giurisdizione”. In pratica sostenendo che nessun magistrato della Repubblica Italiana ha diritto di giudicare Faccia. Per questo Zagonel annuncia che: « Sarà cura dei sottoscritti difensori, per i motivi di seguito brevemente esposti e nel testo del presente atto nuovamente ripresi, recapitare nei modi appropriati il presente atto anche alle seguenti istituzioni: alla Corte Penale Internazionale con sede Aja, affinché possa ravvisare la propria giurisdizione e competenza, all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (United Nations High Commissioner for Human Rights), al Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, all’Istituto internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute) al fine di informare tali enti di quanto si andrà ad esporre e sollecitare il loro intervento, al Ministro della Giustizia della Repubblica Italiana, che vorrà verificare il funzionamento degli uffici di competenza e nel caso prendere gli opportuni provvedimenti; al Presidente del Consiglio dei Ministri, così possa aver coscienza di quanto si andrà ad esporre; al Governatore della Regione Veneto per stimolarne l’azione, alla Procura Generale presso la Corte dei Conti, per le valutazioni sull’utilizzo di ingenti risorse pubbliche; al Comitato della Croce Rossa Internazionale, per opportuno aggiornamento dopo le richieste già trasmesse; al U.N.P.O., Organizzazione delle Nazioni e Popoli non rappresentati al fine di sollecitarne la tutela».
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