«Un mezzo per far valere la specificità di Venezia»
A sorpresa sia l’ex candidato sindaco del centrosinistra Felice Casson che l’ex presidente della provincia e oggi deputato della sinistra Pd Davide Zoggia hanno aperto al dibattito sulle ragioni separatiste. E allora proviamo a capirne di più.
Davide Zoggia, perché ora apre la porta al fronte separatista?
«Nelle altre consultazioni non avevo votato, stavolta sì. Nelle precedenti consultazioni le indicazioni del partito avevano motivazioni valide (Città metropolitana, Municipalità, risorse a rischio). Nel 2003 il referendum non raggiunse neanche il quorum. Ma ora siamo in una situazione decisamente diversa: quelle questioni sono disattese e il carico della città storica oggi è insopportabile. Non è detto che separarsi produca i giusti effetti senza il riconoscimento della specificità della città. Ma nell’ambito della Città metropolitana, oggi sono previsti i municipi con l’elezione diretta del sindaco, e il tema merita un approfondimento. Sul turismo non è pensabile gestire Venezia come Monza. Per questo ho aperto a un dibattito diverso, perché le solite risposte rischiano di non essere sufficienti e con la nuova amministrazione di Brugnaro, la Città metropolitana non sta dando le risposte che ci si attendeva. Insomma, non consideriamo questo referendum come gli altri.
Insomma, la situazione in città è diversa.
«Sì. I benefici del turismo non ricadono sulla città; i veneziani strapagano i servizi. L’aeroporto, il porto, il casinò a chi andrebbero? Di questi temi si può discutere. Lo studio di Bellati, per esempio, pare dire che i costi non aumenteranno e questa potrebbe già essere una risposta a tante obiezioni. Ripeto, oggi abbiamo la Città metropolitana che consente la divisione in Municipi. Io credo nell’aiuto reciproco, nella catena che lega diverse realtà metropolitane. Ma è indubbio che il vero motore è Venezia, e Mestre e Marghera hanno un ruolo diverso.
Come è valutata la sua presa di posizione dentro il Pd?
«Chiarisco subito che non sarò a capo di comitati per il sì ma voglio una riflessione seria dentro il partito. E il dibattito c’è. Non è che il Pd se diventa separatista scalza Brugnaro. Questo nessuno lo pensa. Si deve incalzare Brugnaro, invece, sull’assenza di risposte amministrative. La separazione dentro la Città metropolitana va affrontata, stavolta, con un approccio diverso dalla posizione storica del Pd e dei partiti che lo hanno creato. Usare il referendum affinché su turismo e altre specialità ci sia una legislazione speciale che altre città già hanno. Vedi Firenze e Roma. Il Pd su questi temi deve ragionare. Da quello che capisco a Mestre il no alla separazione prevale mentre a Venezia c’è più apertura.
Ma scusi, a Roma il governo Renzi non mi pare ascoltare molto la richiesta di specialità per Venezia.
«Guardi, ci abbiamo provato e riprovato anche con due esponenti autorevoli di governo come Zanetti e Baretta. Niente, quest’anno va peggio degli anni passati. Ed è anche imbarazzante visto che Brugnaro dice di avere un rapporto privilegiato con Renzi. Fosse vero, si faccia ascoltare. Il fatto è che i problemi della città non sono arrivati a Roma. Servono risorse per non doverne chiedere altre di continuo. È un principio da buoni padri di famiglia, ma Venezia viene percepita sempre come una città assistita.
E ora?
«A San Leonardo ho esposto chiaramente il mio pensiero, per stimolare, non per creare un comitato per il sì. Volevo aprire un dibattito e questo si è aperto. Ora bisognerà comprendere il prossimo “no” del consiglio comunale cosa provocherà dal punto di vista giuridico. Per me nulla, la Regione comunque porterà il referendum fino in fondo. Ma se il referendum venisse collocato nello stesso giorno del referendum per l’autonomia del Veneto diverrebbe una questione politica e invece sulla separazione serve un dibattito trasversale tra partiti e categorie.
Lei invita a non ragionare con la pancia, ma lo si è sempre fatto.
«Fino a una decina di anni fa le cose andavano bene; ora la decadenza, senza risorse e prospettive, è evidente a tutti. Parlo della decadenza del tessuto sociale di Venezia, una città che rischia di trasformarsi in Venice land. Si può far coesistere la vocazione turistica con una forte radice di cittadinanza, non deve essere impossibile vivere la città. Lo sforzo va fatto: e se va bene a Venezia, va bene anche a Mestre. E a Marghera, altra questione rilevante per lo sviluppo industriale e del porto.
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