Un mestrino diciottenne genio della ricerca molecolare

I giovani e la scienza. Marco Franceschini ha superato un difficile test e ora fa uno stage internazionale in un istituto milanese di biologia applicata

di Simone Bianchi

MESTRE. La curiosità per la scienza è il suo pane quotidiano fin da piccolo, così come la “fuga” dai social network è invece un elemento di distinguo ai giorni nostri. Marco Franceschini, studente 18enne di Carpenedo, si sta distinguendo a Milano in un progetto di ricerca medica che lo sta vedendo protagonista di uno stage di due settimane all’Ifom, istituto al quale arrivano ricercatori da 26 Paesi di tutto il mondo e al quale lo studente del liceo scientifico “Bruno” è arrivato assieme ad altri 9 ragazzi dopo aver superato un difficilissimo test di ammissione che ha coinvolto 130 giovani delle scuole superiori italiane.

Marco si sta occupando di biologia cellulare e approfondirà le tecniche per studiare le colture cellulari derivate da cellule tumorali. «L’impatto è stato molto forte», ammette il giovane mestrino, «perché in laboratorio mi sono subito dovuto integrare apprendendo le terminologie esatte e i ritmi di lavoro degli altri ricercatori. Una esperienza che reputo molto utile, e mi sento fortunato. C’è la possibilità di capire cosa significa fare ricerca, un ambito nel quale vedo il mio futuro, perché pensare di poter lavorare per riuscire magari a salvare anche solo una vita, è il massimo della gratificazione che si può avere». Ricerca che però in Italia fa il paio con una situazione difficile in termine di contratti.

«Mi spaventa un po’, è vero, perché sapere di avere magari solo cinque anni di contratto e poi chissà, non è facile. Non ne faccio una questione economica, ma solo di sicurezza nel futuro. Se poi sono qui, lo devo solo alla curiosità che mi ha accompagnato fin da piccolo».

In un’epoca caratterizzata dai social network, Marco sfugge al sistema: «Non ne uso neppure uno, al massimo la email. I social network li ritengo una autocondanna alla violazione sistematica della privacy. Un messaggio da lanciare? Mi piacerebbe che la scienza fosse più conosciuta dalla gente. Sono sicuro che a quel punto sarebbe molto più facile fare ricerca e progredire. Invece c’è ancora molta paura verso la scienza e la conoscenza. Forse la mia è una utopia, ma la speranza è l’ultima a morire».

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