«Un mestiere di relazioni gli ultimi mesi i più duri»
L’intervista
L’1 agosto, dopo 44 anni di carriera, andrà in pensione il dottor Paolo Sarasin, tra i protagonisti della medicina di gruppo integrata di Spinea. Un medico conosciuto e apprezzato, che in queste ore sta ricevendo numerosi attestati di stima da parte dei suoi pazienti. «Andare in pensione significa lasciare delle relazioni, non solo un lavoro», spiega. «Abitando a Spinea continuerò a vedere le persone, ma è bene ricordare che in questa professione si costruisce una rete di rapporti umani. Poi, 44 anni di attività non sono pochi, vivendo tutta la trasformazione del settore, dallo scrivere con una penna su un foglio all’informatizzazione della medicina. È naturale che arrivi il pensionamento, è una tappa della vita». Il dottor Sarasin ricorda pure quanto siano stati impegnativi gli ultimi sei mesi con la pandemia. «I più stressanti della carriera tra incombenze nuove, l’intensità della sorveglianza della popolazione assistita, le telefonate assidue senza giorni e orari. Poi la preoccupazione durante il lockdown, con patologie che altre volte al medico non davano pensiero, ma a quel punto preoccupavano, immersi in circolari da leggere e riunioni via web. I medici che ci sostituiranno? Vivranno appieno il supporto tecnologico che finora ha comportato modifiche solo positive. All’inizio erano difficili da digerire, poi hanno apportato miglioramenti per l’appropriatezza prescrittiva o con il fascicolo sanitario elettronico. Se il Veneto è andato meglio rispetto ad altre regioni nel periodo Covid, è perché si era più avanti su tanti aspetti. Spero che i nuovi medici abbiano voglia di continuare a lavorare con autonomia, quella che poggia su scienza e coscienza, e mantengano il rapporto umano con i propri pazienti. Privilegiando sistemi di lavoro come le medicine di gruppo, che ho potuto toccare con mano quale soddisfazione siano in grado di dare quale modello di lavoro». —
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