Un matrimonio musulmano celebrato nel patronato della Cita
MARGHERA. Marghera come crocevia per la condivisione e la conoscenza delle diverse religioni e dei loro riti. Non si è ancora spento l’eco della storica giornata che il 4 ottobre aveva visto l’inaugurazione della Tenda dell’Incontro in piazza Mercato a Marghera quando, tra le altre cose era stata accesa la “Lampada della Convivialità” tra i rappresentanti delle religioni presenti, induista, musulmana, cristiana (cattolica, ortodossa, valdese, protestante) e buddhista, che un altro evento di condivisione, alcuni giorni fa, si è celebrato nella chiesa cattolica della Resurrezione, nel quartiere della Cita, sempre a Marghera.
Due giovani di nazionalità giordana, Yousef Al Ahmad e la sposa Reham Zaghloul, si sono uniti in matrimonio nel patronato della Cita. Un momento di comunione e condivisione ancora più importante perché in quei giorni la comunità islamica celebrava la festa sacra del Sacrificio e i due sposi hanno deciso di far partecipi della loro gioia come coppia e come comunità anche gli abitanti della parrocchia della Resurrezione, il cui parroco è don Nandino Capovilla.
Una scelta ponderata come spiega il novello sposo Yousef Al Ahmad, ingegnere trentatreenne, da quindici anni in Italia dove ha portato a conclusione gli studi universitari: oggi vive e lavora a Mestre.
«Come comunità islamica con don Nandino avevamo già avuto altri momenti di condivisione. Questo mi è sembrato il modo migliore per mostrare a tutti che la nostra religione parla d’amore e di pace, da cui deriva anche il suo nome. C’è chi parla di uccidere in nome di Dio, ma Dio non potrebbe mai dire di togliere la vita a nessuno».
Un flebile sospiro di speranza in un periodo di venti di guerra e la voglia e la volontà di diventare un esempio di fratellanza. «Per alcuni anni ho diretto la vita della comunità islamica di Venezia e Provincia, che ha la sua moschea in via Monzani a Marghera, poi per motivi di lavoro mi sono dovuto allontanare. Ma adesso, in questi tempi di crisi, mi voglio ricandidare per far capire che le nostre comunità possono convivere in pace. Non c’è colore della pelle, religione e altro credo che possa spingerci a lottare l’uno contro l’altro. Nel mio paese, in Giordania, uno di fronte all’altro ci sono la Moschea e la Chiesa cattolica, senza nessun problema. Io e mia moglie siamo da molti anni in Italia e non possiamo che ringraziare l’opportunità che ci è stata offerta di continuare i nostri studi e di guardare con serenità al nostro futuro. L’Italia ci ha dato tanto, adesso è giusto che anche noi ricambiamo».
Don Nandino Capovilla ha subito accolto con entusiasmo l’idea di far celebrare nella sua parrocchia un matrimonio islamico. «Il tutto nasce», spiega il parroco alla chiesa della Resurrezione, «dalle amicizie comuni con alcuni preti giordani che mi hanno fatto conoscere Yousef. È stato bello essere presenti alla loro cerimonia, perché siamo tutti una sola comunità, siamo tutti fratelli e le porte della nostra parrocchia sono sempre aperte».
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