«Un futuro al Porto di Venezia per i prossimi 15 anni»
«Perché abbiamo firmato adesso? Vi faccio la domanda opposta: perché non dovevamo firmare? Di questo progetto parliamo da anni. Ci sono gli investitori e i pareri sono stati ottenuti. Andiamo avanti per dare un futuro all’economia portuale nei prossimi 10-15 anni. Un amministratore dovrebbe guardare almeno a un orizzonte del genere». Paolo Costa è ai suoi ultimi giorni da presidente del Porto. E ieri ha firmato il contratto per la progettazione del porto off-shore con la cordata cinese. Progetto a cui tiene molto.
«Oggi facciamo un regalo a Venezia», attacca, «con l’off-shore la sua economia potrà contare su un porto in salute legato all’industria. Ma Venezia fa un regalo all’Italia e all’Europa. Perché il nostro Paese diventa così la porta occidentale dei traffici marittimi». Perché la piattaforma sia necessaria, Costa lo ripete da ani ai quattro venti. Sfidando anche la contrarietà di molti settori governativi e di altri porti dell’Adriatico e del Tirreno.
«I lavori del Mose», ripete, «hanno provocato una nuova difficoltà per l’accesso al porto. Una struttura troppo piccola per le navi di ultima generazione. Abbiamo chiesto di rispettare quel patto con cui il governo si impegnava a garantire l’accessibilità del Porto. Non ci hanno risposto. O si adegua la conca o si costruisce una struttura autonoma in grado di ricevere le grandi navi mercantili che pescano fino a 18 metri, e che non potranno più entrare in laguna tra qualche anno».
«Noi», dice serio Costa, «abbiamo scelto la strada dell’innovazione. La prossima settimana andrò in California, a San Diego, a presiedere un panel sui porti d’altura. Solo qui non lo capiscono». E se il governo votasse lo stop al progetto? «Non posso pensare che il nostro governo voglia buttare a mare un progetto del genere», dice. (a.v.)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia