Un conto corrente “dimenticato” intestato a papa Giovanni Paolo I
VENEZIA. È mai possibile che fra i correntisti, in Vaticano, figurino ancora Papa Luciani (saldo 110.864 euro), morto nel 1978, e addirittura Paolo VI (125.310 euro su un conto, 296.151 dollari su un altro), deceduto poche settimane prima del pontefice veneto? «No, non è possibile» s’indigna Aldo Toffoli, che di Luciani è stato uno stretto collaboratore, da presidente dell’Azione Cattolica, prima di diventare sindaco di Vittorio Veneto.
È, invece, possibile, stando alla documentazione raccolta da Gianluigi Nuzzi e pubblicata in "Via Crucis", con tutto il terremoto che ne è conseguito.
Papa Luciani è stato vescovo di Vittorio Veneto per un decennio, a cavallo degli Anni ’60, per poi diventare patriarca di Venezia e salire al soglio pontificio. Dal 2003 è in corso il processo di beatificazione.
«Luciani, per come l’ho conosciuto, non era certamente un prete o un vescovo da conti in banca» racconta Toffoli «anzi con gli istituti di credito non aveva proprio un buon rapporto. Abbiamo tutti presente il suo disgusto per come (non) funzionava lo Ior».
Ma a testimoniare la sua volontà di trasparenza finanziaria c’è la vicenda di due sacerdoti, monsignor Stefani e don Cescon, autori di un grave ammanco di cui dovette farsi carico la diocesi.
«Monsignor Luciani non si dava pace dei danni subiti da tanta gente che aveva affidato i propri risparmi a questi sacerdoti e volle risarcirla, vendendo alcuni beni della diocesi, anche se non era tenuto a farlo» spiega Toffoli, «semmai ho pensato al denaro – scriveva Luciani il 9 agosto 1962 -, l’ho fatto in maniera piuttosto staccata, idealistica, come quando ho ricordato il miracolo della moneta trovata nel pesce sventrato e mi sono augurato che l’economo del seminario andasse a sventrare in alto mare una balena addirittura, ricavando di che pagare le spese».
Sono in molti a sostenere che per tanti aspetti Papa Francesco sta praticando quanto Luciani non ha avuto modo di mettere in atto, dati i soli 33 giorni del suo pontificato.
«Non solo Luciani avrebbe anticipato la sobrietà, per non dire povertà di Francesco, per cui è incredibile la notizia che fosse un correntista» conclude Toffoli «ma anche l’indignazione che l’attuale pontefice manifesta per quei suoi collaboratori che non si comportano da uomini di Chiesa, non rispettano con la loro vita la dignità e la responsabilità che hanno». Il caso sembra destinato a far discutere: la chiarezza nei conti del Vaticano è un obiettivo che neppure Bergoglio sembra in grado di realizzare.
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