Un canto navajo ai funerali di Maria Grazia Marangon

SOTTOMARINA. «Non avvicinarti alla mia tomba piangendo, non ci sono, non dormo lì, io sono come mille venti che soffiano, io sono come un diamante nella neve, splendente, io sono la luce del sole sul...

SOTTOMARINA. «Non avvicinarti alla mia tomba piangendo, non ci sono, non dormo lì, io sono come mille venti che soffiano, io sono come un diamante nella neve, splendente, io sono la luce del sole sul grano dorato, io sono la pioggia gentile attesa in autunno».

Questo l’ultimo saluto che i contradaioli di San Martino hanno voluto dedicare a Maria Grazia Marangon, storica direttrice di Ascom, ex assessore, di cui ieri si sono tenuti i funerali in una gremitissima chiesa di San Martino.

Un canto navajo che invita a superare il dolore della perdita aggrappandosi ai ricordi e alle esperienze che si sono vissute assieme alla persona venuta a mancare. Maria Grazia, assieme al marito Sandro Nordio, è stata anima e cuore del Palio della Marciliana creando dal nulla una manifestazione che in 25 anni è diventata punta di diamante del calendario degli eventi di Chioggia.

Ma non solo, con i balestrieri del Palio ha girato l’Italia nei campionati nazionali facendo conoscere il nome e la bellezza di Chioggia.

Di Chioggia era innamorata e si è sempre spesa perché la città crescesse e potesse svelarsi a tutti per come lei la vedeva. «Aveva indubbie qualità umane», ricorda don Alberto Alfiero, responsabile diocesano degli Scout, amico di famiglia, «che aveva appreso in famiglia, da papà Marino (ex sindaco di Chioggia ndr) e dalla mamma Maria, ma anche vivendo lo scoutismo. Aveva indubbie qualità professionali che ha dimostrato in 30 anni di guida dell’Ascom. Avrebbe potuto ricoprire ruoli istituzionali e dare ancora molto alla comunità, ma la malattia l’ha fatta rallentare senza mai farle perdere l’energia e la carica positiva». La scoperta di un sarcoma, a agosto 2015, non l’aveva cambiata.

A febbraio maria Grazia Marangon aveva scelto di rendere pubblica la sua condizione uscendo nella stampa locale per ringraziare il personale di Oncologia e per invitare i chioggiotti a farsi curare in città. «Non mi sento una paziente ma una persona», ricorda don Alfiero citando alcuni passi della lettera aperta che aveva inviato ai giornali, «i medici e gli infermieri per me sono degli angeli quotidiani. Entro in ospedale in carrozzina e esco con le mie gambe».

«Maria Grazia non aveva mai nascosto la malattia, l’ha vissuta alla luce del sole dicendomi spesso che la malattia è un problema per i sani non per i malati». Durante la lettura del canto navajo i contradaioli hanno posato una maglietta rossa, con il simbolo di San Martino, sulla bara.

Il feretro è uscito accompagnato da un lunghissimo applauso e dal gonfalone della “sua” Marciliana.

Elisabetta Boscolo Anzoletti

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